MERCATO

Netflix, sarà dura conquistare l’Europa senza contenuti “locali”

Accordi frammentati per il licensing, riluttanza del pubblico a pagare l’abbonamento, diffidenza per contenuti in lingua inglese tra i principali ostacoli all’espansione internazionale della piattaforma. CanalPlus: “Nessuna disruption sul mercato video”

Pubblicato il 19 Ott 2015

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Sarà in salita la strada per Netflix in Europa. Lo scrive il New York Times in un’analisi pubblicata sulla sua edizione internazionale: l’espansione globale della piattaforma del video-streaming, che questa settimana aggiungerà Italia, Spagna e Portogallo ai 13 Paesi europei già raggiunti, è disseminata di ostacoli.

La società americana deve allargare le sue operazioni su scala mondiale: lo richiede la sua strategia di business, che la porta a cercare di catturare il più alto numero possibile di utenti, sganciandosi dalla dipendenza dal mercato statunitense, che ancora rappresenta due terzi delle sue revenues, ma dove i tassi di adozione rallentano. L’espansione globale però costa, anche in termini di acquisizione di contenuti, e ha un forte impatto sugli utili.

Oggi Netflix opera in più di 50 Paesi del mondo e conta quasi 24 milioni di abbonati internazionali, un terzo degli utenti complessivi. Crescere al di fuori degli Stati Uniti è tuttavia difficile e le principali barriere sono due: le norme sui diritti di riproduzione dei contenuti cui Netflix si deve adeguare, spesso su base nazionale, e la concorrenza di servizi simili che offrono produzioni più attraenti per i mercati locali.

Questo, secondo il NYTimes, è particolarmente vero nell’Unione europea, dove le regole vigenti spesso limitano quali contenuti possono essere disponibili in ciascuno dei suoi 28 Paesi. In più le audience nazionali, poco avvezze alla lingua inglese, preferiscono la programmazione in lingua locale. A ciò si aggiunge una certa riluttanza a pagare per i servizi premium.

“Pensavamo che Netflix sarebbe andato un po’ meglio ma il mercato video è molto frammentato a livello locale”, sottolinea David Sidebottom, analista di Futuresource Consultancy. “Inoltre c’è grande riluttanza a pagare un abbonamento mensile a una piattaforma video in Paesi come Francia e Germania”.

Ci sono anche i concorrenti con servizi simili o contenuti premium che già hanno catturato fette del mercato potenzialmente interessato a Netflix e che offrono contenuti più in linea con i gusti del pubblico locale, per esempio Sky o Mediaset in Italia (che hanno sia contenuti nazionali che accordi con canali americani come Hbo). In più colossi hitech ben dotati di risorse da investire, come Amazon e la giapponese Rakuten, offrono servizi simili a Netflix.

Per questo Netflix sta cercando di siglare accordi di licensing globali, spesso molto costosi, con i grandi studios che forniscono i maggiori titoli di Hollywood, per vendere poi questi prodotti su tutto il mercato internazionale, anziché trattare gli accordi a livello nazionale o regionale.

Per farsi conoscere o per vincere lo scetticismo di alcuni mercati Netflix si è anche alleata con i grandi operatori telefonici nazionali, o le società del cavo, per offrire il suo servizio di video-streaming come parte di un’esistente offerta di video-on-demand. Negli Usa ci sono accordi del genere con Cablevision e Dish Network, in Italia, per esempio, con Telecom: “Offrire Netflix dà ai nostri clienti un ulteriore motivo per stare con Telecom Italia“, ha dichiarato il Ceo Marco Patuano.

Resta quello che il NYTimes individua come lo scoglio più grande: gli europei vogliono contenuti europei. Le start-up locali del video-streaming avrebbero da questo punto di vista più chance di successo. O aziende come Wuaki.tv che, pur se di proprietà della giapponese Rakuten, ha team nazionali per guidare l’acquisto di contenuti in lingua locale e in linea con i gusti del pubblico di ciascuna nazione. In Spagna, per esempio, Wuaki.tv è già visto come un incumbent; Netflix, dicono gli osservatori, “arriva in ritardo”.

Anche in questo caso Netflix sta tentando una risposta: produzioni originali non in inglese, come la serie “Narcos” in Spagna e polizieschi già in cantiere prodotti direttamente in Italia e Francia. Nel nostro vicino d’Oltralpe le difficoltà di Netflix sono particolarmente evidenti: a un anno dal lancio, il servizio che viene dagli Stati Uniti ha solo 700.000 abbonati mensili. Non è molto indietro all’analogo CanalPlay di Canal Plus (Vivendi), ma non ha nemmeno fatto il temuto boom: “I servizi rivali di Netflix non hanno sofferto l’ingresso sul mercato dell’americana”, ha detto Manuel Alduy, direttore di CanalPlay. “La capacità dei concorrenti francesi di offrire contenuti locali è vincente. La nostra piattaforma soddisfa le richieste del pubblico francese. Netflix troverà il suo posto in Francia, ma non scardinerà il mercato come molti temevano”.

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