IL DOWNGRADE

Twitter delude Wall Street, titolo “underweight”

Morgan Stnaley abbassa il rating a causa della limitata crescita di utenti e engagement, mentre la capacità di servire ads è vicina alla saturazione. Pesante la concorrenza di Facebook, YouTube, Instagram e Snapchat. “Le strategie di rilancio arrivano in ritardo”

Pubblicato il 21 Ott 2015

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Morgan Stanley boccia il titolo Twitter con un severo downgrade ad “underweight” e un target di prezzo di appena 24 dollari, sotto i 30 dollari circa a cui viene scambiato adesso il titolo della società dei cinguettii.

In una sferzante nota dal titolo “A Moment Too Late?” gli analisti di Morgan Stanley scrivono che Twitter mostra una crescita degli utenti limitata, coinvolgimento sempre più tiepido, mancanza di materiali, ad load e ad pricing molto alti, mentre si fa sentire sempre più intensa la concorrenza di società rivali sul mercato mobile. La sola pubblicazione della nota ha fatto scendere di circa il 4% il valore delle azioni di Twitter negli scambi pre-market.

Twitter ha prestazioni ben al di sotto delle attese di Wall Street“, hanno spiegato gli analisti di Morgan Stanley sul sito di Business Insider. Il mercato esige da Twitter la capacità di raddoppiare le revenues entro il 2017, ma la crescita mensile di utenti attivi rallenta anno dopo anno e le entrate di Twitter crescono a un ritmo che è il 18% al di sotto di quanto occorrerebbe per raggiungere il target atteso da Wall Street per il 2017. Il tasso di crescita degli utili (Ebitda) procede a ritmi del 25% più lenti di quanto necessario per soddisfare il mercato. La società di microblogging dovrebbe operare una decisa inversione di rotta per venire incontro a Wall Street, mettendosi a marciare di gran carriera: Morgan Stanley stima che l’introito per utente dovrebbe salire a un tasso annuale composito del 32% – a 12,73 dollari dagli attuali 7,53 – per accontentare Wall Street.

Ancora, secondo Morgan Stanley, Twitter sta raggiungendo il suo tetto massimo di “ad load”: ovvero c’è un limite a quante pubblicità la piattforma può mostrare ai suoi utenti e tale limite si sta rapidamente avvicinando. Gli analisti della banca americana calcolano che l’ad load di Twitter è dieci volte più alto di quello di Facebook a parità di tempo passato sulla piattaforma.

Questo crescente “carico di ads” rischia di impattare negativamente sull’efficacia delle ads stesse e anche di alienare gli utenti. Questo è un effetto nefasto visto già il basso engagement — il tempo medio per utente mobile passato su Twitter è in calo del 33% anno su anno nel terzo trimestre del 2015, nota Morgan Stanley. Gli analisti pensano anche che il sito dei cinguettii non riuscirà a far crescere in modo significativo la base di utenti attivi mensili.

Anche il prezzo delle pubblicità su Twitter sta raggiungendo il punto massimo: il Cpm mobile di Twitter (il costo per raggiungere 1.000 utenti) è già del 13% più alto che su Facebook. Le pubblicità costano di più ma raggiungono meno persone rispetto ad altre piattaforme, osservano gli analisti: il rischio è che i budget pubblicitari abbandonino Twitter a favore di altri siti, tanto più che ora ci sono concorrenti come Instagram, Snapchat e YouTube con una crescita molto più convincente della base utenti e/o del loro coinvolgimento che risultano più attraenti per le agenzie di marketing.

Ovviamente Morgan Stanley aggiunge che il downgrade del titolo di Twitter non è una condanna: la società potrebbe riuscire a imprimere un’accelerazione alla crescita dei suoi utenti attivi mensili, grazie a nuove strategie e features (come il recente Moments, una sorta di rivista digitale accessibile dal social network dove trovare notizie, informazioni sportive, eventi ed altro) – anche se, aggiungono dalla banca americana, le iniziative di Twitter potrebbero non avere l’impatto sperato e arrivare comunque troppo tardi. “Non sappiamo dire ora se la feature Moments avrà successo e ci chiediamo se non sia troppo tardi per modificare la percezione e il comportamento dei consumatori nei confronti di Twitter”, si legge nella nota di Morgan Stanley. “Meno utenti attivi mensili alla fine significano meno tempo da monetizzare”.

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