Palmisano (Ibm): “Nelle crisi non bisogna stare fermi”

“Restiamo ottimisti”, dice il ceo che ha rivoluzionato il colosso dell’informatica. La scommessa è sugli investimenti nei mercati emergenti e sulle acquisizioni strategiche in software e servizi

Pubblicato il 31 Mag 2010

L’euro nella bufera, Borse in altalena, investitori preoccupati
per una nuova recessione? Niente di tutto questo fa vacillare
l’ottimismo di uno dei marchi dell’alta tecnologia più
importanti al mondo, secondo Il CorrierEconomia: l’Ibm ha
lanciato nei giorni scorsi segnali “rialzisti” con l’acquisto
da 1,4 miliardi di dollari in contanti della società di software
Sterling e ha ribadito l’obiettivo di raddoppiare i propri
profitti entro il 2015.

“Lo sviluppo non è lineare, è un processo costellato di
interruzioni”, afferma il Ceo del gruppo Sam Palmisano. “Ma noi
restiamo piuttosto ottimisti perché quando crescono le classi
medie in Paesi come la Cina o l’India, aumenta la domanda di
servizi bancari per i loro risparmi e di infrastrutture per il loro
stile di vita più affluente: sono loro a trainare lo sviluppo
globale”.

Una tendenza inarrestabile, secondo Palmisano: per questo Nord
America e Europa non possono “stare seduti o difendersi con
misure protezionistiche. E’ tempo invece di partecipare,
impegnarsi in questo trend”. Proprio sui Paesi emergenti il
numero uno di Big Blue punta per raggiungere i suoi ambiziosi
obiettivi nei prossimi cinque anni: la quota di fatturato
proveniente dai nuovi mercati deve aumentare dal 19% al 25% e non
attraverso la vendita di prodotti poco cari "da Terzo
Mondo" ma grazie all’offerta degli stessi servizi ad alto
valore aggiunto che stanno diventando il core business di Ibm.

Tra questi, ci sono i prodotti per rendere le città
“intelligenti”: sensori che si applicano alla rete stradale o
elettrica, per esempio, o sistemi di analisi e valutazione delle
performance di servizi pubblici come le scuole o la polizia.
“Oggi i nuovi strumenti di analisi dei dati offrono incredibili
opportunità per affrontare e risolvere importanti problemi
presenti da tanto tempo nelle città, come il traffico e la
criminalità”, sottolinea Palmisano. “In Cina vedo molto
entusiasmo e grande disponibilità a investire soldi in queste
iniziative”.

L’altra leva per aumentare i profitti di Ibm viene dalle
acquisizioni di società di software, scelte “con l’enfasi
sulla proprietà intellettuale che noi possiamo sfruttare su larga
scala”, spiega Palmisano, che programma di investire in
acquisizioni 20 miliardi di dollari entro il 2015, su 100 miliardi
di liquidità generata nello stesso periodo, mentre 70 miliardi
saranno restituiti agli azionisti con dividendi e riacquisto di
azioni proprie.

E’ la continuazione della strategia avviata dal Ceo da quando è
alla guida di Ibm: dal 2002 ha speso 25 miliardi comprando un
centinaio di società, tutte nei nuovi servizi business più
redditizi e nel software, mentre ha venduto le attività in settori
diventati commodities, cioè dove la competizione si gioca
abbassando i prezzi. Ne sono esempio l’acquisto della consulenza
da PricewaterhouseCoopers nel luglio 2002 e la vendita dei personal
computer alla cinese Lenovo nel dicembre 2004.

Ora le nuove frontiere sono il business analytics e il cloud
computing – e il mercato dà ragione a Big Blue: le quotazioni
Ibm sono cresciute del 15% negli ultimi dieci anni mentre
l’indice della Borsa americana S&P500 è calato del 20%.

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