«Applichiamo sul campo la dematerializzazione del lavoro: le persone possono lavorare al di fuori dell’ufficio in senso stretto. Incontriamo 5mila professionisti a settimana che utilizzano spazi non pensati in origine come luoghi di lavoro, in una dimensione di condivisione sempre più spinta». A parlare con CorCom delle prospettive dello smart working è Michele Barberi, relationship manager di Copernico, l’innovation hub di Milano nato nel febbraio 2015 e che ora sta progettando di portare il suo brand nei principali centri del Paese. In Copernico trovano sede startup, aziende e professionisti, in 15mila metri quadri di ambienti, con uffici flessibili turn key e coworking per lavorare da soli o in team, lounge e club per concentrarsi e lavorare, sale meeting e cinema per eventi.
Barberi, cosa vuol dire oggi smart working in Italia?
Lo scenario a cui tendiamo è quello del lavoro che raggiunge la persona, e non viceversa. Si fa strada un nuovo modo di concepire l’ufficio in ottica “consumer”: a guidare la nostra esperienza sono tre driver: una nuova concezione degli spazi, perché le persone possano comunicare più facilmente; l’attenzione ai contenuti, e alla possibilità di garantire al professionista e all’azienda di entrare in contatto con altri profili per accelerare il processo di creazione.
Quali sono gli ostacoli che incontra lo smart working?
Il primo è culturale. E’ ancora radicata nei manager, e nei lavoratori, l’idea che se non si sta alla propria scrivania non si sta lavorando. Una concezione che ha il limite di legare la produttività e il processo di creazione del valore a un luogo fisico. Ma oggi, grazie anche alla tecnologia, chiunque può fare una buona parte della propria attività anche lontano dalla scrivania. Un’altra criticità è legata alla ancora scarsa disponibilità di prodotti, servizi e soluzioni che abilitino a questo nuovo modo di lavorare. Il format Copernico interviene proprio su questo: il progetto che a cui abbiamo dato vita a Milano ha di fatto creato una nuova esperienza di lavoro.
Qual è il valore aggiunto della vostra offerta?
Vogliamo far passare l’idea che i luoghi possono essere disegnati in funzione delle singole esigenze, che gli spazi possono essere completamente ripensati. Poi la tecnologia: mettiamo a disposizione una serie di servizi IT per essere perennemente connessi. Il professionista in Copernico si sposta sul territorio, e ha bisogno di strumenti di collaboration per stare in contatto con colleghi e clienti in situazioni diverse dall’ufficio, attraverso i device mobili, i Pc, e un sistema di collaborazione in cluod. La tecnologia abilita a un modo di lavorare nuovo, che punta sulla la mobilità. E poi vorrei insistere sul concetto di relazione, di network, di trovare intorno a sé le competenze e le professionalità di cui si ha volta per volta bisogno per sviluppare il proprio business.
Come pensate di esportare il vostro modello?
Pensiamo a una struttura con degli hub Copernico nelle principali città italiane, creati per attrarre professionisti. Stiamo anche valutando l’opportunità di creare dei mini hub più diffusi sul territorio, studiati secondo logiche di geomarketing, che facciano capo ai centri principali e consentano ai professionisti di contare su una “rete”, una piattaforma capillare di punti di appoggio per fruire liberamente di servizi e accedere al mercato. E in più offriremo il valore del lifestyle italiano, mettendo a disposizione luoghi belli da vivere, che hanno un fascino.
Quali sono i vantaggi in termini di costi per i professionisti?
Sono quelli propri delle dinamiche della sharing economy. Scompare il tema della proprietà degli uffici: si utilizzano gli spazi e i servizi soltanto per il tempo e nelle occasioni in cui servono, si passa dalla logica di proprietà a quella dell’accesso. E in più c’è l’opportunità di essere facilitati nel trovare fornitori, collaboratori, clienti in tempi più rapidi, con vantaggi in termini di risparmio di tempo e quindi di produttività.