Il rapporto “buono” fra ricerca, università, aziende? Non è facile trovare l’equilibrio, anche perché si tratta di mondi che in Italia, a differenza di quello che avviene all’estero a partire dagli Stati Uniti, si ha a che fare con mondi che faticano a dialogare fra loro. E anche quando lo fanno, a volte si ha l’impressione che si tratti di un dialogo fra sordi.
Proprio per questo rappresenta una “case history” di successo l’esportazione di 600 talee di “portainnesti M”, frutto della ricerca italiane in due regioni di affermata produzione vinicola come Bordeaux in Francia e Rioja in Spagna.
Le Università delle due città hanno chiesto alla Vivai Cooperativi Rauscedo (in provincia di Pordenone) di “sposare” alcuni vigneti locali (Tempranillo, in Spagna, Cabernet e Merlot in Francia) con gli innesti frutto della ricerca italiana così da avviare una nuova fase di studio e sperimentazione sui loro territori.
“L’interesse che i nostri portainnesti hanno suscitato nelle università di Bordeaux e Rioja – sottolinea Attilio Scienza, esperto di fama mondiale e promotore della ricerca sui portainnesti – conferma la validità di un progetto di studio che è tornato ad occuparsi delle “radici” della vite dopo oltre un secolo di disinteresse da parte della scienza e del mondo produttivo”.
La ricerca dell’Università di Milano, che va avanti dagli anni Ottanta, è stata resa possibile anche grazie a Winegraft, una start-up promossa da nove primarie aziende vitivinicole di diverse regioni italiane (Ferrari, Zonin, Banfi Società Agricola, Armani Albino, Cantina Due Palme, Claudio Quarta Vignaiolo, Bertani Domains, Nettuno Castellare, Cantine Settesoli insieme a Fondazione di Venezia e Bioverde Trentino), nata proprio per supportare anche finanziariamente lo sviluppo della ricerca.
“L’interesse mostrato da due centri internazionali di eccellenza nella ricerca viticola come Bordeaux e Rioja costituisce un doppio riconoscimento di cui dobbiamo andare fieri –commentato Marcello Lunelli, presidente di Winegraft – Esso premia sia i risultati della ricerca dell’Università di Milano sia il modello virtuoso di collegamento università-impresa grazie al quale i prodotti della ricerca sono diventati accessibili ai produttori e disponibili sul mercato nel giro di poco tempo”.
Non sarebbe la prima volta, infatti, che frutti di ricerche anche importanti rimanere chiusi nei laboratori o nelle università. “Una cosa è produrre un portainnesto e lasciarlo nelle collezioni dell’università, ma tutta un’altra storia è produrlo e renderlo disponibile per le imprese, come abbiamo fatto noi grazie anche al supporto delle aziende”, sottolinea Scienza.