Tomassini: “La nostra formula magica? Fare fatti”

Il fondatore, presidente e Ad del Gruppo Vetrya: “Meno finanza più industria per recuperare competitività sul mercato”

Pubblicato il 30 Ott 2015

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Nel suo nuovo libro “Vite connesse: la sfida del futuro nell’era digitale”, Luca Tomassini, fondatore, presidente e Ad del Gruppo Vetrya e Cavaliere del lavoro – inquadra la dimensione culturale che si è determinata in seguito alla rivoluzione digitale, di futuro come nuovo umanesimo, una sorta di nuovo rinascimento.

Tomassini, come immagina il futuro?

Mi piace pensare al futuro immaginando l’esplosione in atto nel mondo dell’Internet of Things e forse la domanda più difficile a cui rispondere è quando, e come, nella società si affermeranno le innovazioni di valore più che se e cosa ci sarà nel nostro futuro. L’innovazione non trova più spazio nei piani delle grandi aziende e nell’agenda della politica dei governi. Oggi più che mai c’è bisogno di attingere a nuove idee. La crisi che dal 2011 ci attanaglia è un formidabile acceleratore che tende a penalizzare le rendite del passato e creare nuovo spazio per chi sa mettersi in gioco. Nel mio piccolo questo è il progetto con cui abbiamo lanciato il gruppo Vetrya.

Quali player avranno la meglio?

L’onda dei servizi digitali ha riscritto le regole del gioco, il valore è migrato dalle reti di Tlc ai player OTT, i contenuti e la qualità del servizio stanno facendo virare la rete da una iniziale approccio best effort, con poca attenzione ai temi della qualità, ad una segmentazione più articolata dove i servizi premium qualificheranno l’offerta. Nuovi modelli di business si affacciano sul mercato, affermando il primato delle piattaforme e degli ecosistemi rispetto alla leadership di prodotto. I nuovi modelli di business sono ormai multi sided mode, non c’è più un singolo compratore ed un singolo venditore che si incontrano nel mercato formando prezzi sostenibili. Oggi nella rete chi è cliente di una transazione diviene fornitore nell’ambito della stessa piattaforma in rete. Basti pensare ai modelli legati alla sharing economy in cui il valore si sposta dalla proprietà di un bene come ad esempio l’auto, alla valorizzazione dell’uso condiviso. Stesso dicasi per la seconda casa, come nel modello di Airbnb, che è un servizio che capitalizza valore a livelli superiori a quello di catene come Hilton Hotel.

Quindi quali sono gli ingredienti del successo?

Niente di nuovo sotto il sole, lo stesso segreto che negli anni ’80 e ’90 sostenne il successo delle telecomunicazioni: creare una scala economica globale, definire una mission chiara e, primo fra tutti, rispondere ad un bisogno reale delle persone. E questa è una regola che dovrebbero seguire tutte le aziende. Pensiamo a come Netflix in poco tempo abbia scardinato in Usa il modello della Tv ad abbonamento via cavo, cosa impensabile fino a poco fa. I clienti oggi hanno soprattutto libertà di scelta. Più potere al cliente finale insomma.

E come le aziende possono assumere la leadership di mercato?

La storia ci ha insegnato che i leader sono più impegnati a prevenire il rischio che a cavalcare le nuove opportunità. Peccato che proprio questa attitudine ne decreti la decadenza. Pensiamo a Nokia, scomparsa dal mercato della telefonia mobile perché non si è confrontata per tempo con la sfida dell’onda degli smartphone o a Kodak, che per proteggere le proprie pellicole dall’avanzata della foto digitale, sia affondata col proprio prodotto tradizionale. In questo profilo ricadono a pieno titolo anche gli operatori di Tlc rimasti troppo abbagliati dalla nostalgia del Mol sopra il 50% per essere pronti a raccogliere la sfida ed i rischi del nuovo che avanza. Apple ci ha insegnato che un’azienda prossima al chapter 11 torna ad essere un gigante mondiale perché affida la guida a chi ha competenze per esprimere una visione industriale del futuro. In una parola, meno finanza e più industria alla guida delle nostre imprese.

Qual è la forza di Vetrya?

Abbiamo basato lo sviluppo del gruppo sull’innovazione. Tutti cercano la “formula magica”, ma non esiste un metodo per incanalare la creatività. Per emergere non basta sentirsi innovatori o conoscere in modo specifico una particolare tecnologia, ma è necessario tradurre le idee in fatti concreti.

Secondo lei come può l’Italia tornare ad essere competitiva?

Si dovrebbe investire nella rete, nel digitale e nelle nuove generazioni. Ma soprattutto avere una visione chiara, una buona dose di coraggio, grande determinazione e una squadra disposta a condividere le difficoltà e i successi.

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