INNOVAZIONE

Startup, la “ricetta” di Norwood: “Ci vuole una buona dose di caos”

L’imprenditrice americana e pioniera della radio digitale spiega cosa serve per creare un’impresa di successo: “Spostare l’attenzione sulla capacità delle persone”

Pubblicato il 26 Ott 2015

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Collaborazione, esperienza sul campo, accettazione di una buona dose di caos. Sono solo alcune delle parole chiave che hanno accompagnato l’intervento di Tiffany Norwood, startupper e pioniera della radio digitale satellitare e di tecnologie come l’Mpeg, intervenuta oggi a Montecitorio al convegno “Start Up! Tra old economy e telecomunicazioni“.

“Quando ho iniziato il mio percorso essere un imprenditrice, peraltro con le difficoltà di essere donna e nera, era considerato irresponsabile, al limite della follia – ha detto Norwood, che ha da poco fondato la piattaforma di intelligenza collaborativa Tribetan – Non c’erano università che avevano corsi o educavano ad essere imprenditori. Ma ora il quadro sta cambiando in molte parti del mondo, ed è negli ultimi 5 anni che negli Usa c’è stata la più ricca concentrazione di interesse da parte di molti agenti, anche pubblici, per dare una formazione ai nuovi imprenditori. In questi anni ho osservato che il successo di una nuova iniziativa non è tanto da attribuirsi al prodotto in sé, ma alle persone che sono responsabili della promozione del prodotto. L’innovazione nella comunità delle startup è oggi dunque concentrata sul portare l’attenzione sulle persone, che siano capaci non tanto si avere successo in un caso specifico ma che abbiano skills e forma mentis per prendere più società e portarle ad entrare nel mercato e avere successo. Ma il caos e la sofferenza sono un prezzo da pagare per la riuscita di un progetto, e bisogna tenere presente che negli Usa soltanto un 1% di idee riescono ad arrivare ad un brevetto e avere successo. Se avete un’idea probabilmente qualcuno ha un’idea simile, ma il vostro rischio non è che qualcuno vi rubi l’idea, bensì di non vederla mai realizzata, e il modo in cui aumentate la vostra probabilità di avere successo è attraverso la collaborazione”.

E se per Sergio Boccadutri, responsabile dell’area Innovazione del Pd, “c’è un collo di bottiglia fatto di lungaggini e ostacoli burocratici che il policy maker è chiamato a risolvere per far sì che il fisiologico rischio d’impresa non sia appesantito tanto da frustrare l’imprenditorialità italiana e la possibilità che si avvicinino investitori esteri”, l’assessore alle Attività produttive di Roma Marta Leonori ha sottolineato come “la capitale è seconda per numero di startup, 361 nel secondo trimestre dell’anno in corso, con un aumento del 110% rispetto al 2014. Ma per una reale riuscita occorre un sistema che funziona nel complessivo, da solo non può fare molto né un governo nazionale, né uno locale, né una singola startup”.

All’evento è intervenuto anche Alberto Gambino, Direttore del Dipartimento di Scienze umane dell’Università Europea di Roma e Presidente dell’Accademia Italiana del Codice di Internet. “Il tema delle startup innovative non ha visto assente il Parlamento, anzi, per certi versi abbiamo visto una produzione significativa di interventi in diverse sedi, dalle liberalizzazioni ai decreti crescita e crescita bis fino alle misure sul lavoro – ha sottolineato – Il disegno che ne è conseguito, tra sgravi e procedure agevolate in materia di fallimento, è sicuramente favorevole a questi nuovi soggetti, ma mostra anche alcune criticità come le garanzie riservate agli investitori. Non c’è dubbio quindi che bisogna correggere il quadro senza tuttavia evitare di sottolineare un dato importante: la startup innovativa come pensata dal legislatore ha una forte presenza di ricercatori, elemento che testimonia la consapevolezza che la qualità delle startup deriva da una base di competenze, e il legislatore ha deciso che quelle competenze ce le hanno ancora gli atenei. L’auspicio da parte dell’Accademia e dell’Università Europea è che si prosegua e si rinforzi il legame tra mondo della ricerca scientifica e il mondo dell’imprenditoria”.

All’evento promosso e modearato dal prof. Fabio Pompei, l’universo start up è stato rappresentato da Stefania Mancini della Giovanni Leonardis Welfare, che dal territorio abruzzese punta ad espandersi sul territorio nazionale per creare una rete tecnologica volta ad implementare innovative terapie del dolore, da Oliver Page, ceo di Scooterino, piattaforma che permette di condividere passaggi in motorino, Roberto Macina, ceo di Qurami, app con la quale si evita di perdere tempo durante le code, Dario Brignone di Satispay, strumento che abilita pagamenti e scambi di denaro tramite dispositivi mobili e Fabrizio Cialdea di Atooma, azienda con basi sia a Roma che a San Francisco e che fornisce un assistente personali per smartphone.

“È facile avviare una startup in Italia – ha affermato Macina – ma manca il capitale di crescita per diventare una global startup. E il nostro hub di riferimento resta Londra”.

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