“Il nostro obiettivo? Intraprendere sempre più percorsi digitali, impegnandoci per trovare le risorse necessarie a sostenere questo cambiamento dentro e fuori la nostra organizzazione”. Va dritto al punto Luisa Arienti (nella foto), amministratore delegato di Sap Italia, nel descrivere la strategia impostata dal colosso della Business Intelligence per il prossimo quinquennio. Il 2020, la fatidica data a cui spesso ci si riferisce come anno zero del vero Internet of things, è sempre più vicino, e Sap intende arrivare preparata a un punto di discontinuità del mercato che si fa sempre più liquido, più dinamico: anche le imprese europee, con quelle italiane al passo dei Paesi solitamente definiti più avanzati, hanno imboccato la strada senza ritorno della digital trasformation. Lo dice da una parte una ricerca Idc, i cui risultati sono stati presentati stamattina al Sap Forum di Milano, dall’altra lo dimostrano le esperienze dei clienti chiamati a portare la propria testimonianza all’evento meneghino, a partire da Acea.
“Le aziende non puntano sul digitale per il gusto di farlo o perché va di moda”, ha ribadito Arienti introducendo i risultati dell’indagine. “Non più, visto che nella maggioranza dei casi non possono permettersi di buttare denaro. Lo fanno per modificare il proprio business, rendere più efficienti le proprie reti distributive e per ottenere strumenti che delineino in real time la situazione in base all’analisi di dati dinamici”. Sap, ha spiegato la manager, accompagnerà questi trend continuando a investire su Cloud, applicazioni industry based (sfruttando il patrimonio accumulato nei vari settori verticali a partire dal 1972) e potenziando il focus sulle aree del business network, del lavoro temporaneo e della gestione delle spese.
Entrando nello specifico della ricerca promossa da Sap, Fabio Rizzotto, senior research & consulting director di Idc Italia, ha sottolineato che l’Internet of Things è uno dei principali driver della trasformazione dei quattro settori presi in considerazione dall’indagine (condotta in Europa su Cio di organizzazioni con più di mille dipendenti): Energy & Utilities, Automotive, Industrial machines, Transportation. “Ci sono naturalmente comportamenti differenziati per settori merceologici”, ha precisato Rizzotto, “ma abbiamo riscontrato un percorso comune che tocca il monitoraggio e la tracciabilità dei prodotti e dei processi. Il 91% del campione intervistato (il 96% nel caso dei soli rispondenti italiani, ndr) dice che l’analisi in real time avrà un impatto fondamentale rispetto al tema dell’Iot. E si tratta di attività che le aziende non possono più delegare a società esterne o di consulenza. Vanno svolte all’interno, tutt’al più con la collaborazione di partner tecnologici”. Oggi solo il 5% delle imprese del vecchio continente può essere considerato ‘disrupter’, contro l’8% di quelle americane. “Ma in generale possiamo affermare che il grosso del mercato sta affrontando un cambiamento complesso”. Infatti secondo l’analista la grande novità che emerge dallo studio è che il 70% delle imprese negli ultimi 12 mesi ha avviato una riorganizzazione profonda delle architetture IT.
Tra queste c’è pure Acea, primo operatore italiano nel settore della distribuzione idrica, con nove milioni di clienti anche a cavallo delle forniture energetiche di elettricità e gas e delle attività di trattamento dei rifiuti. Nell’estate del 2014 Acea ha deciso di rivedere l’intero ecosistema informatico rivoluzionando 12 moduli che regolano altrettante aree di business. “Dal Crm al billing passando per la gestione della flotta e funzionalità delle Risorse umane, si è trattato di molto di più di un progetto IT: è stata una trasformazione di tutta l’impresa”, ha raccontato Marco Poggi, che in Acea è Chief information officer. “Pur avendo un margine operativo lordo che deriva all’80% da concessioni pubbliche – e quindi, di fatto affrontiamo la concorrenza solo sul 20% del nostro business – abbiamo deciso di investire risorse in una prospettiva di lungo periodo, come se la competizione fosse totale, cercando di perseguire una logica win-win che favorisse i nostri clienti, i nostri collaboratori e naturalmente i nostri investitori”.
Acea ha così sviluppato con Sap un sistema che permette di unificare input, dati e processi, snellendo le operazioni che separano il contatto con un cliente prospect dall’attivazione del servizio, rendendo allo stesso tempo più efficiente l’attività giornaliera degli operatori che tutti i giorni si muovono da un capo all’altro delle città servite dal gruppo. “Abbiamo implementato tutto su Hana: Erp, sistemi di fatturazione, gestionali per il personale e per gli acquisti, in modo da sfruttare la totale integrazione dei processi in real time”, ha aggiunto Poggi, che ha spiegato che già oggi (il deployment della soluzione è avvenuto lo scorso 28 settembre, con la creazione di un datacenter che ospita una delle tre infrastrutture Hana più grandi d’Europa) si registrano aumenti in termini di efficienza del 20%, con la prospettiva di raggiungere nel medio periodo punte del 40%. “Nonostante questo, non intendiamo licenziare nessuno, ma ricollocare le risorse liberate su processi attualmente esternalizzati o che richiedono maggiore attenzione, come per esempio il customer care”, ha concluso il manager. Il prossimo passo? Lo sviluppo della sensoristica e delle comunicazioni machine to machine per abilitare sulle varie reti soluzioni di predictive maintenance.