IL CASO

Qwant, l’Italia scommette sul motore di ricerca “anti-Google”

A fine marzo è previsto lo sbarco nel nostro Paese. Banche e telco valutano aumento di capitale da 30 milioni. Il dossier a Palazzo Chigi. Perego (Polimi): “Strada in salita, non è chiaro l’impatto sul mercato”

Pubblicato il 04 Nov 2015

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Il mercato UE dei motori di ricerca vale 20 miliardi di euro, e l’Europa lo ha lasciato finora nelle mani di Google, che ne detiene il 97%. Da questa constatazione è nata l’idea di dare vita a un motore di ricerca tutto europeo che faccia concorrenza al gigante di Mountain View, e che utilizzi un algoritmo meno “invadente”, per un progetto – scrive Repubblica – partecipato dalle maggiori aziende continentali e benedetto dai grandi stati membri: Francia, Germania, e presto, si dice, l’Italia. Una prospettiva che però non trova ancora il consenso unanime degli addetti ai lavori.

La società che dovrebbe realizzare il progetto è già in piedi, si chiama Qwant, ed è stata fondata nel 2011 in Francia: proprio l’anno scorso è entrato a farne parte anche Axel Springer, grande editore tedesco, rilevandone il 20% e investendo più di 5 milioni di euro.

Per la fine di marzo del 2016, quando si prevede che Qwant debba sbarcare ufficialmente anche in Italia, è previsto un aumento di Capitale: a portare risorse fresche alla società dovrebbero essere in questo caso, secondo le indiscrezioni che circolano in questi giorni riportate dal quotidiano, soprattutto investitori italiani. Il dossier sarebbe seguito da Palazzo Chigi, e sarebbe già sul tavolo delle principali telco e degli istituti di credito, che starebbero valutando la proposta e decidendo se investire nel progetto.

Tra l’altro Qwant ha giocato un ruolo importante nella digital conference franco tedesca del 27 ottobre, con l’annuncio di un finanziamento da 25 milioni dalla banca europea per gli investimenti alla presenza del ministro francese dell’Economia Emmanuel Macron e al vicecancelliere di Berlino Sigmar Gabriel. Nella stessa sede era stata annunciato anche il progetto di Caisse des depots francese, Kfw tedesca e Cassa depositi e prestiti italiana

hanno concordato di investire congiuntamente per dare vita a un fondo che investa in nuove imprese del settore tecnologico.

Ma la di là dei movimenti che si stanno registrando attorno a questo progetto, la strada perché possa ottenere successo è ancora lunga: “Se il posizionamento politico di questa iniziativa è chiaro – afferma Alessandro Perego, direttore scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano – non è altrettanto chiaro l’impatto che avrà sul mercato. Sono contrario ad atteggiamenti comunitari ‘persecutori’, come sempre più sembrano, nei riguardi di Google e delle Ott in generale – conclude Perego – ma sono fortemente favorevole all’approccio costruttivo di creare imprese europee in grado di confrontarsi sui differenti mercati con quelle statunitensi e cinesi”.

Tre secondo Perego, gli ostacoli da superare perché Qwant possa avere successo: “Innanzitutto la capacità di diffondersi nel mercato, con Google è diventato il motore di ricerca più utilizzato a discapito di diversi altri player presenti sul mercato; poi c’è la complessità stessa della creazione di un algoritmo efficace, tutt’altro che banale, e infine non sono tanti i casi in cui imprese di diverse nazioni europee abbiano dimostrato una grande efficacia nella collaborazione su grandi progetti di sistema. Un esempio però c’è: l’AirBus”.

“Lo scenario di accesso alla rete da parte degli utenti sta cambiando – conclude – con un ruolo sempre più forte assunto, in particolare, dai social media e dalle Mobile App. Questo riduce, in parte, il ruolo centrale che il motore di ricerca aveva fino a qualche anno fa nell’accesso a internet”.

“Fare usare alle persone un motore di ricerca non è semplice – afferma Stefano Quintarelli, deputato di Scelta civica e membro dell’intergruppo parlamentare sull’innovazione – Le persone usano Google perché dà risultati e c’è tutto un ecosistema intorno che porta lì, a Google: ha tanti sistemi per gli investitori pubblicitari, offre sistemi mail, ha sistemi per analizzare l’andamento di una campagna pubblicitaria. Non servono motori di ricerca in Europa. Serve fare altro – conclude – L’Europa ha un progetto importante che si chiama Industria 4.0 e che è mirato alla digitalizzazione della filiera produttiva e dunque se i governi non vogliono fare corbellerie devono investire in Industria 4.0″.

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