La Conferenza Stato-Regioni ha dato il suo via libera al testo del decreto ministeriale che il 12 settembre dello scorso anno ha istituito il Sistema informativo nazionale federato delle infrastrutture (SINFI), In altre parole, il catasto delle infrastrutture.
Il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli ha espresso in un comunicato la sua soddisfazione per un disco verde che, quando troverà pratica attuazione, non potrà che accelerare i lavori di posa della fibra ottica contribuendo nel contempo a diminuirne i costi di realizzazione, come del resto mostra l’esperienza dell’Emilia Romagna dove qualcosa di simile è stato già fatto, sia pure a livello regionale.
Non possiamo che essere d’accordo con la soddisfazione di Giacomelli che porta a casa un risultato importante: se ne parlava da anni, soprattutto nei convegni.
Ma poi tutto si impantanava regolarmente in un mare di gelosie e riservatezze che non ha risparmiato nessuno: operatori privati, società partecipate dal pubblico, amministrazioni centrali e enti locali, concessionari vari. Ciascuno rigido custode del suo orticello.
Ora tutte queste resistenze possono essere spazzate via consentendo all’Italia di mettersi finalmente al passo con le direttive europee. Ma non è solo un problema di coerenza con le migliori pratiche dell’Europa. Il SINFI ci serve come il pane, soprattutto in un momento un cui col piano ultrabroadband vengono stanziate ingenti risorse pubbliche per realizzare la rete in fibra dell’Italia.
Ed è fondamentale anche in un momento in cui, per andare più veloci e risparmiare sui costi, l’integrazione fra le molte (e a volte sconosciute) infrastrutture esistenti è sì necessaria, ma allo stato può essere soltanto ipotizzata nella sua realizzabilità tecnica anche per la mancanza di una mappa credibile dell’esistente.
Tuttavia, per partire davvero, bisogna che tutti rispettino il dovere di comunicazione al SINFI delle proprie infrastrutture nei tempi previsti: 90 giorni per gli operatori privati, 180 giorni per le amministrazioni pubbliche. Stavolta non sono ammessi ritardi. E non sarebbe male individuare un “cane da guardia” che controlli il rispetto degli obblighi. Di rinvii ce ne sono stati già troppi.