“Una sortita da cow boy del Far West”. Giulio Sapelli, economista e docente alla Statale di Milano, boccia la decisione di Enel di intervenire nello sviluppo della banda ultralarga con una società ad hoc.
Professore cosa non la convince?
La modalità e la tempistica. Il Cda di una società seria come Enel, prima di prendere una così pesante decisione, avrebbe dovuto tenere conto del fatto che in Italia c’è un operatore dedicato a fare la banda larga. Ed è Telecom. Inoltre mi pare che, in passato, la società avesse già avanzato questa proposta senza che il mercato o il governo avessero dimostrato interesse.
Cosa è successo adesso, a suo avviso?
Immagino che Enel abbia un forte endorsement governativo. Non escludo che con l’arrivo di Costamagna e Gallia ai vertici di Cassa Depositi e Prestiti e la trasformazione della Cassa in una sorta di nuova mini-Iri sia cambiato il contesto. Dunque Enel ha pensato che ci fossero le condizioni per rilanciare sulla banda ultralarga. Ma se così non fosse sarebbe un’azione sconsiderata.
Perché, invece, non va bene la tempistica?
Perché mi pare un attacco gratuito a Telecom Italia, in un momento in cui la compagnia è aggredita nella sua stabilità azionaria dall’ingresso dei francesi. Azionisti che continuano a ribadire di non agire di concerto, quando è chiaro – almeno a chi conosce un po’ l’economia della Francia – che così non è.
Quindi, a suo avviso, Bolloré e Niel agiscono insieme.
Io credo di sì. Ma è anche un fatto scontato se si tiene conto che in Francia, come in Germania, il capitalismo è “di sistema” e quindi per i grandi investimenti le grandi aziende si muovono insieme. Cosa che manca in Italia, come appunto dimostrato dalla decisione di Enel.
In che senso?
Per un piano strategico come quello sulle banda ultralarga, sarebbe stato necessario che Enel, Telecom Italia e Cassa Depositi e Prestiti si fossero accordati per realizzare le reti, risolvendo anche il problema della scarsità di capitali che rappresenta un forte freno per l’eliminazione del digital divide.