Il presidente Giuseppe Recchi e l’amministratore delegato Marco Patuano non ce ne vogliano per il titolo dell’editoriale di questo numero di CorCom. Quello di Telecom Italia non appare particolarmente un problema di adeguatezza o meno delle persone che dirigono la società, di strategie giuste o sbagliate, di scelte di gestione valide o inefficaci.
Anzi, se si stesse a guardare soltanto l’andamento del titolo in Borsa, gli azionisti dovrebbero essere più che soddisfatti: nell’ultimo anno l’azione è cresciuta di oltre il 30%: una performance assolutamente apprezzabile e migliore delle altre aziende del settore, non solo europee.
Per di più, dopo anni di tentennamenti e di rinvii l’azienda ha imboccato la via degli investimenti nella banda ultralarga. Qualcuno può obiettare che la determinazione non è sufficiente, ma è ingeneroso non prendere atto della novità rispetto al passato. Oggi il debito fa meno paura.
Il vero nodo di Telecom Italia è il ritorno di quel male oscuro che accompagna la società sin dai tempi della privatizzazione. E cioè una ricorrente instabilità dell’azionariato di controllo che poi si è riflettuta in aumento del debito per mere operazioni finanziarie, divisioni del management, incertezze nelle strategie a lungo termine, decisioni zigzaganti. E Telecom l’ha pagata cara.
Ci siamo tornati. L’illusione di una Telecom public company, accarezzata dal management e dal cda (e non soltanto da loro), in pochi mesi si è rivelata quello che era: illusione, appunto. Telco/Telefonica è uscita di scena (ma il cda attuale è parto proprio dell’ex azionista di controllo) e per un po’ Vivendi è stata alla finestra. Ora ha deciso di sedersi al tavolo anch’essa, con 4 rappresentanti in cda. Non come meri osservatori, visti i nomi schierati. L’interregno è finito.
Nel frattempo, sono tornate tensioni e divisioni già viste in passato (basta leggere i giornali). Vicende come Metroweb o la conversione delle risparmio danno l’idea di scelte solo formalmente unanimi e ben ponderate. Nel frattempo, si affacciano nell’azionariato un azionista “pesante” come Xavier Niel e una JP Morgan salita a oltre il 5%. Segnali di altre guerre in arrivo? Sul fronte interno arriva la fibra dell’Enel: competitor poco offensivo, minaccia vera o magari opportunità da cogliere? Ma chi può prendere decisioni forti e “lunghe” in un quadro così instabile?