L’Agenzia delle Entrate è in una fase turbolenta con la direttrice nominata dal nuovo governo sotto il fuco amico. E così anche il destino di Sogei prende strade originali. Il premier, Matteo Renzi, infatti è alle prese con una riforma digitale che non decolla e non è stato per niente soddisfatto di come è andata la prima edizione del 730 precompilato spedito al contribuente, iniziativa fortemente voluta da Renzi che però è stata un mezzo flop, e quindi ha deciso di cambiare strategia e di organizzare una struttura tecnologica in grado di gestire, almeno sulla carta, l’identità digitale, SPID, l’Italia login e così via con i tanti punti annunciati dell’agenda digitale.
Del resto, dopo diciotto mesi di governo siamo ancora al punto di partenza. La gestione della ministra Marianna Madia in materia di riforme digitali della pubblica amministrazione, unico vero cambiamento per lasciare alle spalle una burocrazia indegna dell’eurozona, è minimalista. Di realizzato non c’è nulla, nonostante passino i mesi. Per dare un’idea dello stato trogloditico dei servizi digitali offerti dalla Pa basta pensare che il Comune di Roma in pieno ventunesimo secolo non permette di ottenere via web un banale certificato di residenza se il povero cittadino non si è dotato della carta dei servizi nazionali. Un ossimoro e così ancora oggi tutto viaggia via fila allo sportello comunale e carta. Renzi vuole cambiare passo e per farlo vorrebbe dotare Palazzo Chigi, nuovo gestore politico delle riforme digitali, di una struttura tecnica in grado di realizzare, eppoi anche di gestire, le riforme promesse. Sulla carta spostare Sogei dalla situazione Club Mediterranée nella quale da anni vive (tanti facili soldi assegnati ogni anno dal bilancio pubblico per gestire servizi in-house) nel Ministero dell’economia e delle finanze per darle un ruolo esecutivo sotto il controllo di una catena di comando più corta ha anche senso.
In questo modo la società del Mef, che gestisce anche il sistema informativo della Ragioneria dello stato oltre a quelli delle agenzie fiscali, sarebbe pienamente utilizzabile per standardizzare le molte realtà tecnologiche del “federalismo” italiano. Accentrare questo tipo di riforme sotto la struttura del capo del governo è cosa normale in altri paesi come il Regno Unito o gli Usa. Ma è anche vero che le tutte le scelte fatte nel 2014/15 in materia di agenda digitale e di riforme conseguenti sono state di esclusiva competenza di Palazzo Chigi e di risultati da commentare non se ne sono visti molti.
Comunque, se Renzi rottama anche il posizionamento storico della Sogei male non fa. Più si scuote l’albero della pubblica amministrazione e più mele marce cadono a terra e più decolla l’innovazione.