Julian Assange in “The WikiLeaks Files: The World According to US Empire”, strilla i dispacci segretissimi, dando benzina a chi invoca “Information wants to be free”. Difficile che un libro muti la Storia, tuttavia questo volume è arduo da oscurare, documentando come gli Usa impongano il potere militare, economico, diplomatico e massmediatico. I detrattori obiettano che un cablo, fuor dal contesto, è fuorviante. Vero. Tuttavia non una pagina fu giustificata nel suo contesto, da chi avrebbe potuto e dovuto. Il giornale www.counterpunch.org: “Gli americani perseguitano Assange perché WikiLeaks svela i crimini epocali in Afghanistan e in Iraq: han taciuto i massacri indiscriminati di decine di migliaia di civili, disprezzando la sovranità e il diritto internazionale”. Joe Biden, vice di Obama, risponde: ” Assange è cyber-terrorista”, dimenticando che Edward Snowden, ex agente della National Security Agency, ha documentato che Assange è in una “manhunt target list”, una lista per cacciatori di taglie, vivo o morto.
Per comprendere la benemerenza di Wikileaks, domandiamo se il presidente Usa possa controllare la gestione segreta d’una tale massa informativa. La commissione del Congresso, indagando sulle “inesistenti armi di distruzione di massa in Iraq”, conclude che l’agenzia la dette a bere alla Casa Bianca. Difficile comprendere quanto tutto questo abbia a che fare con la democrazia, tanto più da esportare. Occorre un “new deal” che rafforzi la democrazia delle informazioni oppure finiamola con le finzioni: la democrazia è morta e pochi la piangono davvero. www.pierolaporta.it