A leggere il tweet con cui oggi il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha annunciato la “Leopolda digitale” che si svolgerà sabato a Venaria Reale, il tema della rete di telecomunicazioni a barda larghissima non sembra all’ordine del giorno.
In realtà, in particolare dopo le ultime mosse dell’Enel che ha annunciato la costituzione di una società per la fibra ottica minacciando i minare il quasi monopolio di ultimo miglio di Telecom Italia, se non sotto i riflettori, certamente il tema della rete sottenderà l’intera discussione del summit torinese. Senza fibra ottica a banda ultralarga diffusa in tutto il territorio, difficilmente l’Italia digitale prefigurata da Renzi potrà dispiegare il massimo delle sue potenzialità e centrare gli obiettivi di connessione e di uso di Internet previsti da Agenda 2020 dell’Unione Europea.
Su questo Renzi ha deciso di giocare un tassello importante della sua credibilità. E risultati ne vuole vedere il più in fretta possibile.
Ma a che punto siamo e quali sono i progetti degli operatori per dotare l’Italia di una rete a banda larghissima degna di questo nome? Fino a dove sono veramente disponibili a posare i loro cavi ottici senza il supporto degli aiuti pubblici?
Se per saperlo bisogna andare alle carte ufficiali, l’ultimo documento disponibile è quello pubblicato qualche settimana fa da Infratel che sintetizza la consultazione pubblica che l’in-house del Mise ha realizzato sulla base degli impegni resi noti dal mercato. Fatto significativo, gli operatori disponibili a coprire zone più o meno grandi del paese con la fibra ottica sono stati una trentina, molti di più che in passato quando avevano partecipato soltanto in sette.
Quello di Infratel è un documento molto utile perché permette di fare il punto della situazione in merito ai progetti di sviluppo delle nuove reti in fibra ottica a distanza di un anno dalla precedente consultazione sullo stesso tema.
Il primo risultato che emerge con chiarezza è che in termini prospettici la parte della popolazione che sarà raggiunta dalle nuove reti continua ad allargarsi.
In particolare, nelle risultanze della consultazione pubblica condotta da Infratel nel 2014 la copertura delle reti a banda ultra larga a marzo 2017 si fermava al 55% della popolazione. Oggi invece, a distanza di appena dodici mesi dalla precedente consultazione, la copertura prospettica attesa a marzo 2018 è salita al 64%.
Rispetto ai dati precedentemente raccolti, le famiglie italiane che ricadono all’interno degli piani di copertura appena presentati sono aumentate di oltre 2 milioni di unità. Si tratta di un segnale molto importante per il settore ma anche e soprattutto per il Paese.
Per altro, il 64% di copertura (a cui si fa riferimento nel rapporto) non comprende il contributo che verrà dai piani pubblici ancora in corso di definizione. Non sono quindi inclusi gli effetti dei 2,2 miliardi già stanziati e approvati il luglio scorso con delibera Cipe 65/2015 né tanto meno i rimanenti fondi previsti (e non ancora stanziati) all’interno del piano Strategico Banda Ultra-Larga varato dal governo.
Dato che i 2,2 miliardi di euro già stanziati andranno ad intervenire nelle aree bianche (ovvero aree in cui non sono previsti investimenti “autonomi” da parte degli operatori privati), non risulta difficile immaginare che con questo ulteriore contributo la quota parte della popolazione coperta al 2018 subirà un ulteriore importante incremento.
Un ultimo aspetto che vale la pena sottolineare è che le percentuali di copertura esposte nel documento Infratel fanno riferimento alle unità immobiliari, mentre gli obiettivi dettati dalla agenda digitale europea sono espressi in termini “household” o “famiglie”. Nel caso italiano la differenza tra le due unità di grandezza non è trascurabile: a fronte di circa 24,5 milioni di famiglie si contano più di 27 milioni di unità immobiliari.
Le due misurazioni chiaramente non coincidono e, in particolare, una copertura espressa in termini di unità immobiliari tende a sottostimare la corrispondente copertura espressa in termini di famiglie residenti, con uno scarto potenziale di qualche punto percentuale.
Possono apparire “tecnicismi” ma proprio la differente “lettura” dei dati ha alimentato polemiche ed interpretazioni differenti sull’impatto degli attori di mercato nella copertura ultrabroadband del Paese. Inoltre, dietro questi “tecnicismi” si celano questioni sostanziali. Dal punto di vista sostanziale per gli operatori di telecomunicazioni (in linea con le logiche che sottendono l’intervento pubblico e degli obiettivi fissati dall’agenda digitale europea) ciò che conta è portare i servizi a banda ultra-larga a una parte della popolazione la più ampia possibile e per far ciò, nel decidere dove portare la fibra, ritengono necessario dare priorità alle aree dense di unità immobiliari abitate.