Due miliardi di dollari di investimenti su memorie flash e tecnologia software defined. Una acquisizione “pesante”, Cleversafe. E l’ambizione di giocare un ruolo sempre più importante per alcune delle tecnologie chiave nel futuro di Ibm, come Watson. La divisione Storage di Big Blue è tutt’altro che in dismissione. Il suo responsabile, Jamie Thomas, una bella signora bionda dal caldo accento del Tennessee, ride quando sente per l’ennesima volta la domanda che ogni giornalista in tutto il mondo le ha posto: Ibm pensa di vendere, magari a Lenovo, il suo business dello storage, che oltretutto perde soldi?
«No, non ci pensa – dice al CorCom Thomas – e non stiamo perdendo soldi, tutt’altro. Stiamo investendo molto perché questo è il momento di ripensare lo storage in chiave di maggiore efficienza, maggiore agilità e maggiore controllo». L’hardware perde quote ma la piattaforma storage è ampia e va trasversalmente in altre parti del business, secondo il modello di rendicontazione di Ibm. Insomma, è tutt’altro che in crisi.
È l’opinione anche del Cfo di Ibm, Martin Schroeter: «La domanda si sta spostando verso prodotti storage basati su flash ed è fenomenale. La cosa giusta da fare per i nostri clienti e il nostro business è quindi muoversi verso il lato software dello storage. Qui c’è il maggior valore e al tempo stesso, seppure l’acquisizione di Cleversafe è decisamente rivolta al cloud, aiuta anche in maniera fortissima il nostro business dello storage dato che possiamo mettere la tecnologia di archiviazione ad oggetti nei nostri prodotti, cosa che rende sempre più rilevante quella parte del nostro business per quella parte del mondo che va nel cloud. Il futuro dello storage è nel flash, perché è software ed è capace di gestire il cloud».
Un endorsement di questo livello non fa altro che rivelare l’appoggio che ha all’interno dell’azienda la general manager degli Storage & Software Defined Systems.
«Lo storage del futuro sarà questo, un sistema software defined», precisa Thomas. Dopo un bombardamento di nuovi prodotti su questa fascia, puntando verso i sistemi high-end, ci sono sempre novità per quanto riguarda i software di gestione dello storage come sistema unico, componente essenziale nei sistemi di cloud ibrido.
«La chiave è l’interoperabilità, il lavoro che facciamo è anche molto su questo fronte, quello software, che in questo momento è in più rapida evoluzione. L’interoperabilità con OpenStack, con Hadoop per Open data platform». Ma ci sono altri aspetti delle tecnologie di storage che si muovono con velocità differenti. Ibm ha fama di essere un’azienda conservativa, che mantiene compatibilità di lungo periodo. E fa evolvere le tecnologie quando è necessario, come è il caso dei sistemi di archiviazione su nastro.
«Sono sistemi molto stabili ed estremamente importanti per il ciclo di vita delle informazioni. Aggiorniamo per primi, dopo aver sviluppato la nuova versione con un consorzio del settore, perché adesso è il momento giusto per farlo, tecnologia e standard per il near-online storage sono maturi»
Il futuro? Thomas ha tempo per una battuta: «I nostri ricercatori lavorano su tecnologie e software sempre più innovative. Da Zurigo, dove si lavora anche con ricercatori italiani, nascono le novità per hardware, software, crittazione, tecnologie flash, sistemi software defined, uso per analytics e Watson. Abbiamo un modello molto complesso e solo una forte interazione con la ricerca e sviluppo ci permette di avere dei prodotti come i nostri».
La strategia di Ibm va dunque in questa direzione, e i risultati finanziari scorporati per quanto riguarda la divisione storage, secondo il suo responsabile, dicono solo parte della storia. Lo storage è una tecnologia trasversale che fa parte della strategia dell’azienda: serve come prodotto hardware da vendere ai clienti ma anche come abilitatore di prodotti e servizi di altro livello. È “dentro” Watson, è dentro le soluzioni cloud, è dentro i sistemi avanzati. «Lo storage – dice Thomas – è dentro i nostri analitici e la nostra business intelligence, viene usato da SoftLayer e da altre aree».
È vero che l’archiviazione dati sembra essere una commodity perché ha prezzi calanti, ma secondo Idc l’80 per cento delle applicazioni cloud saranno data-intensive e muovere rapidamente i dati richiede comunque tecnologia evoluta.
E, dopotutto, da qualche parte i dati andranno pur sempre registrati.