CONTROLLO DEL TERRITORIO

Frane e slavine sotto controllo, arrivano i droni “multirotore”

La guerra al dissesto idrogeologico ha un alleato in più: i velivoli a pilotaggio remoto che raccolto dati per mappare territori a rischio e dare risposte immediate a geologi e ingegneri

Pubblicato il 27 Nov 2015

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Viviamo in un Paese disseminato di frane. Lo dicono i dati del Progetto IFFI (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia, curato dall’Ispra): percorrendo lo Stivale, nel 2014 sono state censite 499.511 frane che interessano un’area di 21.182 km2, pari al 7% del territorio nazionale (quasi 10mila quelle registrate nel solo Veneto, dove tra l’altro c’è la frana più grande d’Europa). Oltre un milione di persone abita in zone esposte a frane, smottamenti e colate detritiche. Poi, ci sono anche le zone a rischio alluvione, censite sempre dall’Ispra. La superficie delle aree a pericolosità idraulica elevata in Italia è pari a 12.186 km2 (4% del territorio nazionale). La superficie delle aree a pericolosità media è di 24.358 km2, pari all’8,1% del territorio nazionale. La superficie delle aree a pericolosità bassa è pari a 31.494 km2 (10,4% del territorio nazionale).

Insomma, di lavoro per geologi, ingegneri idraulici e tecnici c’è n’è. E non poco. Lavoro che oggi presenta elementi di rischio. L’analisi del territorio, infatti, passa inevitabilmente da uno o più sopralluoghi sul luogo “incriminato”. Per capire come intervenire su un costone di montagna che sta franando o su una faglia di terreno che sta crollando, il geologo deve prima andare sul posto e fare i rilievi necessari. In molti molti casi poi l’analisi deve prescindere da alcuni dati, magari impossibili da raccogliere perché nascosti in zone inaccessibili e impervie. Senza considerare che una raccolta dati fatta in questa maniera è laboriosa e presuppone tempi lunghi. Inoltre, comporta costi molto elevati se si rende necessario un sorvolo in elicottero sulle zone franose.

E se fosse un drone a raccogliere i dati preliminari? Un APR (aeromobile a pilotaggio remoto) si leva in volo, effettua una scansione di tutto il terreno interessato dal movimento franoso e invia i dati ad un computer. Il geologo può realizzare un modello 3D della faglia, calcolare dove e come avvengono i movimenti e studiare le contromosse. Il tutto senza mettere in moto un elicottero e senza rischi inutili per recarsi direttamente sulla frana. Semplicità, minori costi, maggiore sicurezza. Basta lanciare un drone multirotore, fargli sorvolare la frana, attendere che raccolga i dati necessari. E il gioco è fatto.

Il Progetto Elicka e il Progetto Kroda stanno elaborando proprio questo utilizzo dei droni. Sono stati pensati e sono nati nella regione più “franosa” d’Italia, nella provincia con il numero di frane più alto dello Stivale, Belluno. Ecco perché Kroda ed Elicka hanno messo a punto un’idea di drone che si collega perfettamente all’idea di praticità e utilità. Un utilizzo che guardi anche al monitoraggio degli argini dei corsi d’acqua e al controllo del territorio in genere.

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