GIUSTIZIA

“Più braccialetti elettronici, meno carcere”

Beniamino Migliucci, presidente dell’Unione camere penali: “In Italia disponibili solo 2mila dispositivi, e questo costituisce un problema: spesso si rimane in cella mentre si potrebbe stare fuori con il controllo a distanza”

Pubblicato il 02 Dic 2015

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Se in Italia fossero disponibili più braccialetti elettronici molti detenuti in possesso dei requisiti per utilizzarli potrebbero evitare il carcere per usufruire di questa possibilità. Lo ha detto Beniamino Migliucci (nella foto), presidente dell’Unione delle Camere penali italiane, durante la manifestazione nazionale dei penalisti in occasione dell’astensione dalle udienze, tornando a chiedere l`applicazione della norma che prevede il controllo elettronico a distanza dei detenuti fuori dal carcere.

“In Italia ci sono solo duemila braccialetti elettronici e questo costituisce un problema perché spesso si rimane in carcere mentre si potrebbe stare fuori”, ha sottolineato, evidenziando “l’enormità della spesa per quanto riguarda i contratti fatti con Telecom: 11 milioni di euro l’anno per dieci anni, e nei primi anni venivano utilizzati 14 o 50 braccialetti”.

“Riteniamo – ha concluso Migliucci – che sia un tema da portare all’attenzione dell’opinione pubblica se davvero si pensa che il carcere debba essere l’estrema ratio”.

Da tempo ormai la richiesta di braccialetti elettronici per i detenuti da condannare agli arresti domiciliari ha superato la disponibilità dei dispositivi, e diversi tribunali si vedono respingere la richiesta.

L’intesa tra Telecom e il ministero della Giustizia, prevede la fornitura contemporanea di un massimo di 2mila braccialetti, e oggi il problema è opposto rispetto a quello che si era manifestato dopo l’introduzione di questa possibilità: superata la diffidenza e i disguidi iniziali, con i numeri che nei primi sei mesi del 2013 parlavano di soli 26 braccialetti attivati, la nuova misura di custodia cautelare ha iniziato a farsi largo nei tribunali anche grazie al decreto svuota-carceri del 2013.

La quantificazione dei 2mila braccialetti che Telecom Italia si è impegnata a fornire al ministero della Giustizia risale all’accordo siglato con l’allora ministro Angelino Alfano, dopo uno studio ad hoc commissionato sull’applicabilità della misura.

Il dispositivo viene gestito dalla centrale operativa grazie a un’infrastruttura di telecomunicazioni a larga banda messa a disposizione da Telecom. Il sistema fornito dall’operatore provvede anche all’assistenza 24 ore su 24, 365 giorni all’anno (dal momento che potrebbero rendersi necessarie installazioni o controlli anche nei giorni festivi o di notte, a seconda delle necessità dell’autorità giudiziaria), e l’aggiornamento dei software agli standard più avanzati.

Il braccialetto elettronico, che si applica alla caviglia, è composto anche da una centralina, che ha la forma di una radiosveglia, che va installata nell’abitazione in cui deve essere scontata la condanna. Un device che riceve il segnale dal braccialetto e lancia l’allarme per eventuali tentativi di manomissione e in caso di allontanamento del detenuto.

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