Di Raimondo: “Formazione, spazi e leadership. La rivoluzione Smart working”

Il direttore di Asstel: “Non si tratta di nuove attività atipiche né di telelavoro, ma di una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta di spazi, orari e strumenti da utilizzare sul lavoro”

Pubblicato il 11 Dic 2015

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Il mondo del lavoro sta profondamente cambiando ed è destinato a trasformarsi sempre di più, alla luce della spinta propulsiva e del crescente effetto che le nuove tecnologie hanno sul modo di pensare il lavoro e quindi anche sul modo di lavorare.

Per questa ragione sono fondamentali sia una forte attenzione al tema da parte del Governo, sia un’accelerazione delle iniziative che mirano a innovare contratti, norme e concreti rapporti fra azienda e lavoratore, cogliendo le opportunità che le tecnologie offrono al modo di lavorare. Il Governo ha già avviato una serie di iniziative in questa direzione attraverso il Jobs Act con le norme relative alla produttività e alla verifica della prestazione. Norme che possono essere ritenute la regolazione più evoluta della vecchia dimensione.

Flessibilità e autonomia sono due parole che, oggi, negli ambiti lavorativi, sono ripetute di continuo. Parole che, spesso, le aziende hanno la necessità di tradurre velocemente in “metodo”.

La postazione di lavoro si smaterializza, l’orario effettivo di lavoro può, in teoria, spalmarsi nell’arco delle 24 ore e il lavoro si caratterizza sempre di più per il risultato, per cui il salario si collega necessariamente a esso. In un’ottica di flessibilità che garantisca efficienza e qualità delle prestazioni. L’elemento retributivo dovrebbe essere, infatti, sempre più connesso alla produttività e ai risultati specifici.

Lo Smart Working – “lavoro agile” – è sì una soluzione ma – sotto certi aspetti – anche una piccola rivoluzione. Sulle potenzialità e le applicazioni di questo nuovo modo di lavorare è stato scritto – e detto – tutto e il contrario di tutto.

Lo Smart Working si può definire come una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare in ambito lavorativo, a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Non è, quindi, un inedito lavoro atipico per i giovani e nemmeno una nuova parola per indicare il telelavoro.

E chi, più della nostra filiera, che ha una vocazione naturale all’innovazione, può cogliere meglio la sfida?

Nel settore abbiamo già molti esempi di aziende che applicano lo Smart Working: Ericsson, Fastweb, Telecom, Vodafone sono best case. I riscontri presso i lavoratori di questa nuova modalità di lavorare sono stati sempre molto positivi. Per lo Smart Working è fondamentale la flessibilità nella scelta delle giornate e nell’individuazione del luogo ove prestare l’attività lavorativa, che non coincide necessariamente con la propria abitazione. Così è possibile lavorare in modo più pratico e flessibile grazie all’utilizzo della dotazione aziendale che viene fornita (Pc, smartphone, tablet), gestendo i documenti e partecipando alle riunioni dovunque ci si trovi.

Per un corretto utilizzo dello Smart Working e per la sua reale efficacia è importante la responsabilizzazione del lavoratore nel gestire la giornata lavorativa, nel raggiungimento degli obiettivi e nel relazionarsi con capo e colleghi. L’attivazione di questi processi richiede un grande investimento in formazione, anche delle strutture di management, perché cambia il modello di relazione gerarchico nell’organizzazione aziendale.

Lo Smart Working richiede un nuovo tipo di leadership. I responsabili devono essere interconnessi e sempre on line, devono avere capacità di definizione e valutazione delle proprie risorse su obiettivi condivisi, devono saper elaborare strategie di gruppo, devono saper incontrare le esigenze dei propri collaboratori e stabilire canali definiti di comunicazione interna. Riorganizzarsi in senso “smart” porta vantaggi all’azienda, incrementando livelli di produttività e qualità complessiva e al dipendente, attraverso il miglioramento del work-life balance e anche con effetti molto positivi sulla sostenibilità ambientale delle nostre città.

L’introduzione di nuove modalità di lavoro, però, richiede una trasformazione degli spazi fisici, che dovranno essere progettati con postazioni non assegnate per favorire la comunicazione, la condivisione di idee e il lavoro in collaborazione tra gruppi, ma anche con postazioni che permettono il lavoro individuale come locali dedicati per le telefonate.

Allo stesso tempo occorre far evolvere l’infrastruttura IT, con l’implementazione di servizi che consentano di organizzare e ottimizzare le attività interne dell’azienda e dei dipendenti, tramite soluzioni in grado di semplificare la comunicazione, aumentare la sicurezza e mantenere un bilanciamento favorevole tra vita privata e vita lavorativa. Nelle esperienze aziendali in cui lo SW è già una realtà, la comunicazione integrata, ad esempio, consente di essere reperibili ovunque grazie a un numero unico e all’accesso a servizi aziendali in mobilità, ai sistemi di videoconferenza in alta definizione che diminuiscono di molto i costi delle trasferte e permettono di organizzare riunioni anche con ospiti. Nel portare avanti i progetti di Smart Working le nostre aziende hanno dovuto affrontare anche tutte le difficoltà che la normativa vigente ha nell’accogliere questo innovativo modo di lavorare. Gli interventi normativi in materia contemplati all’interno della prossima Legge di Stabilità in discussione in Parlamento, sono naturalmente ben accetti, ma a condizione che non vi siano successivi provvedimenti legislativi che possano determinare un irrigidimento e una eccessiva onerosità a carico di aziende e lavoratori. Si tratta di non perdere l’opportunità di introdurre una modalità lavoro che potrebbe, chiaramente non da sola, dare gambe ai principi di work- life balance in una chiave soddisfacente per tutti gli attori coinvolti.

La nuova normativa complessiva deve favorire l’utilizzo dello Smart Working e non ingabbiarlo con regole che stravolgono i valori di flessibilità su cui si basa il suo successo per le aziende dove è una realtà. La libertà di scegliere il luogo in cui lavorare e gli strumenti con cui si ha più familiarità – “anywhere, anytime” and “on your own device” – è la principale chiave di successo dello Smart Working. Questi sono concetti attuali nel modo di studiare e di lavorare dei giovani e verso cui dobbiamo tendere se vogliamo che la norma sia attuale e abbia lo sguardo rivolto al futuro. Lo Smart Working è in linea con l’atteggiamento mentale delle nuove generazioni dei nativi digitali e, quindi, è un fattore abilitante per avere un ambiente di lavoro in linea con le loro aspettative, rendere più attraente il lavoro e accompagnare la trasformazione digitale del Paese. Lo Smart Working – rappresenta una delle sfide del momento anche per le relazioni industriali per consolidare un modello nuovo e reattivo, pronto a confrontarsi con l’innovazione contemperando le esigenze dei lavoratori e quelle aziendali. Resta aperto il tema della sicurezza dei dati, che rimane una responsabilità delle aziende.

Su questo tema vanno trovate soluzioni evitando di commettere l’errore compiuto con il telelavoro in cui, pensando di replicare a casa i livelli richiesti in azienda, se ne è, di fatto, resa impossibile l’attuazione.

Serve un indirizzo che faccia leva sulla formazione come veicolo per sollevare le aziende da alcune responsabilità, tra cui gli oneri di “idoneità'” degli ambienti di lavoro, che ancora una volta rappresentano una barriera all’ingresso.

La parola chiave dello sviluppo digitale dell’economia e della società italiana deve essere: semplicità. Bene ha fatto il Governo a progettare le misure che sono orientate allo Smart Working, ma sarebbero monche se non si integrassero con le innovazioni normative e regolamentari necessarie per liberarne l’implementazione.

Anche da questo, a nostro avviso, passa la realizzazione del nostro obiettivo comune: abilitare sempre di più il completamento della digitalizzazione delle aziende e del Paese.

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