Tra i temi che hanno caratterizzato il dibattito all’IGF di Joao Pessoa dal 10 al 13 novembre scorso, uno spazio rilevante è stato dedicato al tema dello Zero rating. Esso consiste nell’offerta da parte di fornitori di accesso a Internet (soprattutto mobili) di traffico gratuito verso specifiche applicazioni come Facebook, Wikipedia o WhatsApp. Sono stati svolti vari incontri e una sessione plenaria su questo tema. Anche Telecom Italia ha promosso un workshop sullo Zero rating che è stato presieduto dal Commissario dell’Agcom, Antonio Preto.
Il tema dello Zero rating è stato affrontato nelle proposte legislative sull’Open Internet, sia in Europa, sia negli USA; senza prevederne divieti espliciti, viene considerato un approccio regolatorio case by case – in modo da capirne meglio gli effetti. Per questa ragione, l’Internet Governance Forum delle Nazioni Unite (IGF), per la sua stessa natura di forum di discussione non prescrittivo (di policy attuali o future, relative a Internet), ha contribuito all’approfondimento della tematica – soprattutto in relazione ai temi dell’accesso ad Internet nei Paesi in via di sviluppo.
Per evidenziare i punti di maggiore interesse sullo Zero rating emersi dal dibattito in seno all’IGF, abbiamo raccolto le opinioni di Lorenzo Pupillo di Regulatory Affairs and Equivalence di Telecom Italia, organizzatore del workshop “Zero rating, open Internet and freedom of expression” e del Commissario Agcom Antonio Preto, che ha coordinato il dibattito di tale workshop in qualità di presidente della sessione (vai all’articolo).
“Innanzitutto, vorrei rilevare la relazione positiva tra la diffusione di schemi di Zero rating e l’adozione dei servizi Internet. All’IGF c’è stato un ampio consenso sugli effetti positivi della pratica dello Zero rating sull’adozione dei servizi Internet”, evidenzia Lorenzo Pupillo.
“Si stima che, nel mondo, circa il 45% degli operatori offrano una qualche forma di Zero rating. Circa il 50% dei consumatori che provano un servizio di accesso a Internet con formula di Zero rating, dopo 30 giorni di solito aderiscono a un servizio Internet a pagamento – sottolinea – Anche se le applicazioni più diffuse nelle offerte Zero Rating sono Facebook, WhatsApp e Twitter, crescono sempre di più quelle offerte a specifici target di consumatori: in Danimarca esistono servizi zero rated per gli anziani; nel mondo islamico servizi zero rated per la lettura e l’ascolto del Corano etc.
“Secondo, lo Zero rating si caratterizza sempre più come uno strumento competitivo: sono soprattutto i piccoli operatori e gli entranti che promuovono pratiche di Zero rating come forma di differenziazione di servizio. Il primo servizio di Zero rating si può ricondurre a un piccolo operatore wireless negli Usa Pcs Metro che nel 2011 ha iniziato a offrire gratis l’accesso a Youtube. Essendo su scala nazionale il settimo o ottavo operatore e avendo a disposizione solo una quantità di spettro molto limitata quest’offerta, è stata l’unico modo per differenziarsi – spiega Pupillo – Recentemente, la stessa cosa è stata fatta da T-Mobile: quarto operatore mobile negli Usa con una dotazione di spettro qualitativamente e quantitativamente limitata rispetto a Verizon e AT&T, ha deciso di aggiungere al servizio di musica zero rated un servizio di video streaming “Bing On” zero rated per differenziarsi dagli altri operatori. Altri entranti che usano servizi zero rated sono Chile Virgin Mobile, ma anche Telefonica in Messico e molti altri. Lo Zero rating è una pratica diffusa anche tra gli Isp. Nella Nuova Zelanda, per esempio, la Radio Nazionale, al rifiuto di un accordo di peering da parte del più grosso Isp del paese (che invece voleva definire accordi di transit), ha risposto con un accordo di peering con un piccolo Isp che in compenso ha offerto ai suoi clienti i contenuti premium della Radio Nazionale zero rated. In ogni caso i servizi di Zero Rating non superano l’1% del mercato.