Nuove regole per gli Isp: negli Usa la Fcc apre consultazione

Al vaglio la “terza via” di Genachowski. Ma intanto uno studio avverte: la net neutrality potrebbe costare fino a 600mila posti di lavoro e 83 miliardi di dollari di Pil ogni anno

Pubblicato il 18 Giu 2010

La lunga marcia della normativa per la banda larga americana
prosegue, pur se tra critiche e ostacoli: la Federal communications
commission ha aperto una consultazione pubblica chiedendo alle
aziende del settore pareri e proposte su come regolare gli Internet
provider e arrivare a un quadro normativo in grado di supportare
l’implementazione del Piano nazionale per la banda larga, pur
preservando un Internet “aperto”.

Il regolatore vuole sapere se ha senso continuare a classificare
Internet su banda larga come "information service", ai
fini di sostenere l’azione della commissione, o se sia meglio
riclassificarlo come "telecommunications service",
rendendolo soggetto a nuove norme in base al Titolo II della legge
sulle comunicazioni (Communications Act). La posizione della Fcc è
verso la cosiddetta “terza via”, per cui gli Isp su banda larga
ricadrebbero nel Title II ma solo per una piccola parte delle
regole. Come noto, i grandi Isp sono contrari alla
riclassificazione della banda larga, mentre i provider alternativi
e le aziende di internet sono favorevoli.

I commenti alla consultazione dovranno arrivare entro il 15 luglio;
si tratta solo dell’inizio di un lungo processo, perché la Fcc
dovrà esaminare i risultati della consultazione e poi votare su
come agire di conseguenza. Inoltre, questa attività resta separata
dalla bozza di regole sulla net neutrality adottate dalla
commissione a ottobre.

Anche la neutralità della rete è un tema molto controverso.
Secondo un nuovo studio dell’Advanced communications law & policy
institute della New York Law school and entropy economics, le
regole sulla net neutrality potrebbero condurre a una forte perdita
di posti di lavoro. Gli autori dell’analisi, Charles Davidson e
Bret Swanson, stimano che imporre la neutralità per legge rischia
di scoraggiare gli investimenti nella banda larga. Basterebbe un
calo del 10% negli investimenti per far perdere 502 mila posti di
lavoro e causare una perdita annuale di 62 miliardi di dollari nel
Pil. Se poi gli investimenti in broadband calassero del 20% o del
30%, si arriverebbe a perdere oltre 600 mila posti di lavoro e 83
mililardi di dollari nel Pil annuale.

La tesi dei ricercatori è che l’innovazione e gli investimenti
nell’ecosistema della banda larga sono stati incentivati
dall'approccio regolatorio leggero adottato finora dalla
Fcc. Quest'ultima ha una "terza via" da proporre
anche sulla net neutriality: tra i due estremi rappresentati da
nessuna azione o regolare l’accesso per gli Internet provider con
leggi analoghe a quelle applicate ai fornitori di servizi
telefonici tradizionali, il compromesso ideato dal presidente
Julius Genachowski imporrebbe solo una parte delle regole
tradizionali agli Isp della banda larga.

Il Congresso si è mostrato poco favorevole alla visione di
Genachowski, ma sicuramente Internet è uno dei temi “caldi”
per la politica americana, e non solo ai fini degli investimenti
nelle comunicazioni del futuro, ma anche perché rappresenta una
nuova arma nelle cosiddette “guerre asimmetriche”, come nota Il
Giornale. Fa discutere, a tale proposito, la proposta in esame al
Senato Usa, presentata dal democratico Joe Lieberman, che vorrebbe
dare al presidente , in caso di emergenza, il potere di “spegnere
Internet”: in pratica, Obama avrebbe la facoltà di obbligare i
maggiori provider e i siti di interesse strategico (come Google) a
interrompere ogni attività.

Il progetto contempla anche la creazione di un “Centro nazionale
per la sicurezza cibernetica e la comunicazione”, che avrebbe il
compito di programmare tecnologie specifiche e potrebbe imporre
misure di sicurezza a tutti negli Stati Uniti e forse anche
all’estero. Un provvedimento che vede già in rivolta il popolo
del web: perché, si chiedono in tanti, spegnere Internet e non la
radio o la tv?

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