Cambiano i servizi, cambia la PA. L’Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr) ha iniziato il suo cammino ed è diventata realtà per oltre 110 mila italiani residenti nei due comuni apripista: Cesena e Bagnacavallo, entrambi in Emilia Romagna. Nome, cognome, data e luogo di nascita, domicilio, stato civile saranno disponibili in una forma standard, così da poter essere archiviabili in una baca dati valida su tutto il territorio italiano e consultabili in tempo reale dalle PA che hanno più interesse a vigilare sul registro degli italiani: Agenzia delle Entrate, Inps, Inail, ministero degli Esteri. Nell’’Anpr, oltre alle informazioni tradizionali c’è la possibilità di indicare il “domicilio digitale”, che per ora coincide con la Posta elettronica certificata ma vista l’evoluzione tecnologica potrebbe anche prendere la forma di un’app. L’obiettivo è arrivare a sostituire le 8mila anagrafi attuali, tante quante sono i comuni italiani, con un solo mega database entro il 2016. E la prossima tappa è fissata per febbraio, quando migreranno nell’Anpr altri 23 comuni, in grado di spostante sull’elenco unico oltre 2,3 milioni di cittadini. Per metà anno arriveranno anche Roma e Milano e a quel punto la nuova Anagrafe sarà popolata da oltre 6,5 milioni di persone. Entro il 2016 l’operazione dovrà essere completata con i quasi 60 milioni di italiani presenti sul registro unico, almeno stando alla tabella di marcia del Governo. Cosa cambierà per il singolo cittadino? Innanzitutto si potrà richiedere il certificato anagrafico o di stato civile anche da un comune diverso da quello di residenza, si potrà fare il cambio di residenza dovunque ci si trovi. Il Comune eviterà di chiedere più volte lo stesso documento, visto che diventerà possibile lo scambio di informazione in tempo reale tra le diverse amministrazioni. Con tutto quello che ne consegue in tema di controlli e di risparmi.
Ma il percorso non è così agevole. La migrazione delle informazioni richiede una “bonifica” che le PA, soprattutto quelle più grandi, temono di non completare in un anno. Come dimostra Torino che dovrebbe passare su Anpr entro la primavera. Da anni la città sta lavorando su migliaia di dati con il solo scopo di pulirli: ci sono errori negli indirizzi di residenza, dati duplicati, mancanza di un secondo nome, indirizzi che compaiono anche 4/5 volte perché per le vie con i nomi di persona vengono invertiti il nome e il cognome o appaiono appuntati. Stando quanto dicono dal Comune a CorCom “forse solo tra un anno e mezzo potremmo vedere i risultati”. Ostacoli che svuotano anche le casse: i Comuni stanno utilizzando le proprie risorse per il processo di ripulitura dei dati visto che il progetto è a invarianza di spesa.
A preoccupare anche l’assistenza e la manutenzione del software. Su questo fronte si stanno scontando i ritardi di Sogei che non ha ancora realizzato la web application con il risultato che le PA dovranno rimediare utilizzando – a pagamento – i web service degli attiali fornitori IT.
Secondo le stime di Netics il giro d’affari dei software applicativi dell’Anpr si aggira intorno ai 18-20 milioni di euro annui il giro d’affari. “La maggiore efficienza della macchina pubblica – spiega Sandro Golzio, direttore dei Sistemi informativi del Comune di Torino – si realizzerà solo con una visione d’insieme del sistema: l’Anagrafe è, infatti, il tassello di un puzzle nella riforma tecnologica che deve passare per i sistemi di concessione e gestione delle identità digitali, il documento digitale unico, la firma elettronica e il domicilio digitale. Progetti ancora al palo”.
Ma c’è un modo per accelerare e superare gli ostacoli che rischiano di bloccare l’Anagrafe? Secondo Paolo Colli Franzone, responsabile scientifico degli Osservatori di Netics, sì: “Il governo potrebbe dire ai Comuni: io sosterrò economicamente la migrazione ad Anpr, che però dovrà in sei mesi. Questa accelerazione avvantaggerebbe anche i provider di Spid che sarebbero più tranquilli se sapessero di poter rilasciare pin avendo alle spalle un’anagrafe forte e ben strutturata”.