Lo tsunami dell’innovazione digitale è inarrestabile. La portata rivoluzionaria si misura proprio dalla capacità di scardinare i tradizionali paradigmi nella gestione delle relazioni o dei processi lavorativi interni, anche in campi storicamente appannaggio di alcuni operatori. Nemmeno il mondo dell’intermediazione finanziaria si sottrae a questa onda gigantesca. Anzi, sembra che il fronte si allarghi sempre più.
Quali saranno, allora, le strategie che banche e assicurazioni – i soggetti più “toccati” – metteranno in campo per affrontare l’aggressione proveniente dai nuovi servizi FinTech (NdA: Financial Technology)? Le nuove tecnologie digitali applicate alla finanza sono sempre più oggetto di attenzione da parte degli investitori. Tra il 2013 e il 2014 gli investimenti globali in startup fintech sono triplicati, passando da 4 miliardi di dollari a oltre 12. Anche l’Europa fa la sua parte con una crescita del 215%, guidata da Regno Unito e Irlanda, che coprono oltre il 40% degli investimenti totali europei (Accenture – The future of fintech and banking). In Italia, com’era lecito attendersi, l’investimento nelle startup fintech è pari a circa un decimo di quanto destinato da Francia, Germania e Svezia a queste iniziative (Financial News – aprile 2015). “Come Politecnico non possiamo star fuori da un tema simile – afferma Filippo Renga, direttore dell’Osservatorio Digital Finance della School of Management del Politecnico di Milano. Abbiamo avviato questa iniziativa con l’intento di diventare un punto di riferimento per l’intero ecosistema finanziario italiano, che comprende, per citare solamente alcuni operatori, banche, assicurazioni, fornitori di servizi, startup e istituzioni in genere.
L’intenzione è di comprendere i cambiamenti, in alcuni casi realmente disruptive, che le tecnologie hanno portato e porteranno nei prossimi tre-cinque anni nel mondo della finanza”. I nuovi attori dell’ecosistema sono prevalentemente piattaforme online che si occupano di transazioni finanziarie. Semplicità e snellezza sono i primi requisiti di questi strumenti, in grado di interpretare al di fuori degli schemi tradizionali i bisogni dei consumatori, degli investitori, dei risparmiatori, degli imprenditori. Quali sono, invece, i servizi e le applicazioni della tecnologia finanziaria? Si passa dal prestito tra privati a quello richiesto dalle imprese attraverso la negoziazione o la cessione delle fatture, dalle criptovalute (bitcoin) al finanziamento di progetti attraverso sottoscrizioni collettive (crowdfunding). “Stanno emergendo nuovi modelli di intermediazione finanziaria, abilitati da strumenti digitali, rivolti sia al mercato consumer, sia a quello corporate. Entrambi – spiega Renga – dovranno essere governati e monitorati attentamente e con rapidità dagli attori del settore”. Anche il presidio territoriale degli operatori finanziari subirà un profondo cambiamento attraverso una riorganizzazione in cui gli sportelli fisici subiranno un ulteriore ridimensionamento.
La pervasività del web fa comprendere l’importanza dei big data per migliorare i processi decisionali e le strategie commerciali del mondo finanziario. Dai big data potranno essere elaborati i modelli per la valutazione dei comportamenti d’acquisto, la brand reputation in ambio social, la compliance alle normative sempre più pretenziose, la previsione dei rischi finanziari e operativi. Documenti digitali, moneta elettronica, transazioni online, bit e mega byte … ma il fattore umano esiste? Ha importanza? La risposta non può che essere affermativa. Dietro a ogni macchina, a ogni programma ci sono menti, persone con competenze di economia, finanza e digitale. Giovani, ma non solo, che leggono le esigenze emergenti secondo schemi nuovi che permettono di intercettare nuovi segmenti di mercato. “I mercati finanziari – conclude Filippo Renga – sono molto attrattivi anche per i top player dell’ICT: da Google ad Alibaba fino ad Amazon, che affiancano ai servizi tradizionali, altri frutto della fusione tra tech e finanza. Ne sono un esempio Google Wallet o il servizio prestiti di Amazon. È per questo che con il neonato Osservatorio metteremo a disposizione del mondo finanziario le competenze sviluppate negli anni.
Ci preoccuperemo di comprendere anche gli impatti degli strumenti innovativi, che si affacciano nel digital finance: dai wearable alle internet of things, dalla biometria alla firma digitale nei contratti”.