Da quando la Rai ha deciso di abbandonare Youtube per gestire in proprio la raccolta pubblicitaria legata ai contenuti online sono passati 18 mesi, e il bilancio della Tv di Stato ha sofferto per questo motivo minori introiti per circa un milione di euro. In viale Mazzini sono riusciti nel frattempo a ripianare questa perdita, e se sì come? E’ l’interrogativo che si pone Michele Anzaldi, parlamentare del Partito democratico, nella sua rubrica sul quotidiano l’Unità.
“Il servizio pubblico – scrive Anzaldi – ha rimosso tutti i video che si trovavano sulla piattaforma, ritenendo svantaggioso concedere a Youtube la commercializzazione dei suoi contenuti e puntando a vendere direttamente la pubblicità sui filmati. Una scelta controversa: sullo strumento online per la visualizzazione dei filmati, il motore di ricerca di Youtube che fa parte della piattaforma Google, la Rai non c’è. Eppure il servizio pubblico non è un network a pagamento né un Tv commerciale, ma l’emittente pubblica il cui obiettivo è quello rendere disponibili i propri contenuti a più persone possibili, anche perché pagano il canone”.
Anzaldi sottolinea tra l’altro che la scelta dell’allora Dg Gubitosi di abbandonare la piattaforma, che risale al giugno 2014, potrebbe essere controproducente perché “Youtube rappresenta un riferimento soprattutto per il pubblico più giovane, quello che si tiene più alla larga dai prodotti Rai, sul quale il servizio pubblico fatica a trovare una strategia”.
Il parlamentare spiega di aver presentato un’interrogazione in commissione di Vigilanza per capire quali benefici abbia portato la scelta, e quali introiti abbia prodotto per la Rai, evidenziando che mentre viale Mazzini è uscita da Youtube, Mediaset ha invece stretto un accordo commerciale con la piattaforma per rendere visibili i propri contenuti, dopo n contenzioso legale durato a lungo.
“Ha ragione il Dg Campo dall’Orto quando sostiene di puntare a trasformare la Rai in una Media company – conclude Anzaldi – In questa direzione, il rapporto con il web è decisivo e sarebbe opportuno che le strategie future fossero meglio esplicitate all’opinione pubblica. Ma il dg chieda, intanto, una relazione dettagliata su cosa è stato fatto nei mesi che hanno preceduto il suo arrivo: quanti soldi sono stati investiti sui portali Rai e quali introiti hanno prodotto? Sarebbe singolare se l’addio a Youtube, oltre che al danno d’immagine per l’assenza della Rai da una piattaforma simbolo della rete soprattutto per i giovani, avesse prodotto solo un buco economico quantificabile finora in oltre un milione di euro”.