I Paesi europei hanno dichiarato guerra all’evasione fiscale delle multinazionali, con in prima linea i colossi dell’online. E stanno mettendo a punto una serie di contromisure contro chi stabilisce la propria sede negli Stati che consentono di avvalersi di aliquote fiscali più convenienti, diversi dai paesi in cui effettivamente operano o vendono i propri beni o servizi.
In Italia proprio in queste ore la Guardia di Finanza di Milano sta notificando alla Procura di Milano e all’Agenza delle entrate i risultati della propria verifica fiscale su Google Ireland Ltd, da cui emerge che il colosso californiano avrebbe evaso in Italia imposte per 227 milioni di euro tra il 2009 e il 2013, su un imponibile di circa 300 milioni di euro, attraverso una “stabile organizzazione occulta in Italia”. Google “rispetta la normativa fiscale di tutti i Paesi in cui opera e continua a collaborare con l’autorità”, è il commento che la società ha affidato a un suo portavoce.
Nel Regno unito intanto il governo Cameron è finito nella bufera: il cancelliere dello scacchiere George Osborne ha infatti chiuso proprio con Google un accordo per il pagamento di 130 milioni di sterline su totale evaso di circa 4 miliardi. Fatto che ha fatto gridare stampa e opposizione al “regalo” e alla “presa in giro”, mentre anche il premier Cameron è stato costretto a prendere le distanze, definendo l’accordo come “un primo passo”. La questione è arrivata anche sul tavolo delle autorità antitrust dell’Unione europea, dopo la segnalazione di un parlamentare dello Scottish National Party. “In particolare per quanto riguarda il trattamento fiscale di Google nel Regno Unito, la Commissione può confermare di aver ricevuto una lettera da un membro del Partito nazionale scozzese su questa materia – si legge su una e-mail un portavoce degli uffici della Concorrenza – La Commissione esaminerà le questioni sollevate, come avviene con tutte le lettere che arrivano da parti interessate”.
Contenziosi sono aperti anche in altri Paesi, a partire dalla Francia, ma l’Italia, con la procura di Milano che ha in piedi anche altre due inchieste, su Amazon e Western digital, sta giocando un ruolo di primo piano. Tanto che la stessa direttrice dell’Agenzia delle entrate, Rossella Orlandi, ha detto oggi durante un convegno a Milano, parlando del caso Apple chiuso a fine 2015, che “I Governi hanno un interesse fortissimo, perché l’Italia per prima ha concluso un’operazione che molti hanno cercato di fare in questi anni, e lo ha fatto grazie a una sinergica collaborazione, in particolare con la procura di Milano, con la stessa agenzia delle dogane. Un lavoro di squadra complesso che è partito da una serie di elementi e che si è manifestato anche con il contraddittorio”.
A dimostrazione di questo, proprio polemizzando con il Governo Cameron il Times aveva citato ieri come esempio virtuoso l’Italia, dicendo che è riuscita a ottenere da Apple 319 milioni di euro, più di quanto non abbia fatto l’esecutivo britannico. “E’ sbagliato parlare di accordo – sottolinea Orlandi – io la parola sconti non la accetto: quella società ha aderito a un verbale. Abbiamo semplicemente lavorato molto, è un lavoro che ci riconoscono i giornali di tutto il mondo. Un lavoro di squadra complesso che è partito da una serie di elementi e che si è manifestato anche con il contraddittorio”.
Quanto ai dettagli del caso Google, con la chiusura della verifica fiscale al procuratore aggiunto Francesco Greco e al Pm Isidoro Palma, titolari dell’inchiesta per frode fiscale su Google, arriverà un “processo verbale di costatazione” nel quale la Gdf delinea due rilievi di presunta evasione fiscale: un’omessa dichiarazione Ires su redditi per circa 100 milioni di euro con una presunta imposta evasa di 27 milioni di euro tra il 2009 e il 2013, e un’omessa applicazione e versamento di ritenute per circa 200 milioni tra il 2009 e il 2013, con una presunta imposta evasa per gli stessi 200 milioni.
Una volta che l’Agenza delle entrate riceverà la notifica della Guardia di finanza potrà far partire l’avviso di accertamento fiscale nei confronti di Google, e da lì inizieranno contatti con la casa californiana che potrebbero portare a un verbale a cui alla società californiana sarà chiesto di aderire, comprensivo di interessi legali e sanzioni.
Contatti con Google che ancora non ci sono stati, come conferma la stessa Orlandi: “Noi non abbiamo ancora incontrato la società ma parlato con i colleghi nell’ambito di una valutazione di una materia così complessa. Quindi non ho idea di cosa succederà”.