Polo torri, Giacomelli: “Sì se c’è un controllo pubblico”

Il sottosegretario alle Comunicazioni: “Il Governo non si opporrebbe a un unico gestore delle infrastrutture, nel campo delle Tv e delle Tlc. Sempre che per gli operatori abbia un senso industriale”

Pubblicato il 28 Gen 2016

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“Credo sia giusto che le infrastrutture di comunicazione strategiche siano di proprietà pubblica o a controllo pubblico, a garanzia della concorrenza, del mercato e della libera iniziativa di tutti. A maggior ragione in questo settore delle torri, noi seguiamo con attenzione quello che sta avvenendo. Se ci sono progetti industriali capaci di unificare la gestione delle torri, che siano di tlc o che siano quelle del digitale terrestre, noi non abbiamo obiezioni. Questo è un tema industriale, se c’è un progetto che ha un senso industriale nel nostro paese perché il Governo dovrebbe ostacolarlo? Del resto esperienze di questo tipo in altri paesi europei hanno dato buoni risultati”. Lo afferma in un’intervista all’AdnKronos Antonello Giacomelli, sottosegretario alle Comunicazioni. Il tema è tornato d’attualità, dopo l’Opas lanciata e poi ritirata da Ei Towers su Rai Way lo scorso anno, con la decisione di Telecom Italia di mettere sul mercato il 45% della propria partecipazione in Inwit, la società delle infrastrutture di trasmissione per il mobile dell’operatore. Alcuni osservatori sono tornati a indicare un possibile ruolo di Cdp come ‘aggregatore’ di un campione nazionale delle torri già ai tempi della vicenda Ei TowersRai Way.

“Noi mettiamo solo un punto fermo che dev’essere presente in ogni progetto che debba avere la nostra approvazione: il controllo pubblico. Perché – aggiunge Giacomelli – pensiamo che il controllo pubblico su queste infrastruttura sia garanzia per tutti e non sia un limite per nessuno”.

Poi Giacomelli torna sull’Opas di Ei Towers su Rai Way, ritirata dalla società nell’orbita Mediaset dopo che proprio il Governo si espose sottolineando che non sarebbe stata possibile, perché l’autorizzazione alla quotazione in borsa della controllata Rai prevedeva espressamente che il 51% rimanesse in mano pubblica: “Credo che in quel caso vi fosse una iniziativa privata che sostanzialmente si proponeva di acquisire una realtà a controllo pubblico, quindi esattamente l’opposto di quello che dico. Non so bene le rimodulazioni dell’offerta e non so se la modalità di un’opa sia quella migliore: non tocca a me dirlo”.

Proprio la quotazione in borsa di Rai Way è stata secondo Giacomelli un’iniziativa di successo: “Ho una piccola collezione di rassegna stampa sul fallimento annunciato della quotazione di Rai Way – sottolinea – mi fa piacere dire che non e andata cosi. E’ stata una scelta strategica indovinata e che ha tolto da una sorta di ibernazione un bene che poteva produrre un utile per tutta la collettività e per questo mercato. Il dinamismo, l’appetibilità di Rai Way, il ruolo che poteva svolgere ha determinato molte delle scelte successive anche degli operatori privati. Forse è giunto il momento di provare a stringere su questo terreno. Noi pensiamo che sia una valutazione che non tocca a noi fare ma agli operatori. L’operazione di concentrazione ha un senso industriale? Può dar vita a una maggiore capacità di mercato? Può produrre posti lavoro, ricchezza? Può dare un servizio migliore al mercato e alla collettività? Se la risposta è sì, l’unico requisito che il governo pone perché un progetto di questo tipo possa procedere è che vi sia a garanzia di tutto questo il controllo pubblico”.

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