La sfida del cloud e dei Big data spinge le aziende a cercare siti sempre più innovativi e persino stravaganti per costruire datacenter più potenti ed efficienti. Facebook, per esempio, ne ha costruito uno a Lulea, in Svezia, perché le temperature glaciali aiutano a contenere i costi per il raffreddamento, e ha in progetto di realizzarne un altro a Clonee, in Irlanda, che sfrutterà l’energia eolica, disponibile in abbondanza in quella località. Google a sua volta ha un data center a Hamina, in Finlandia, che usa l’acqua del Golfo di Finlandia per il raffreddamento.
Microsoft, però, sembra pronta a stupire tutti spingendo i suoi datacenter fin sotto il mare: il colosso americano del software sta già testando un datacenter sotto l’oceano con l’obiettivo di ridurre la latenza dei dati per gli utenti che vivono vicino al mare. Inoltre, sostiene la società, costruire le strutture sott’acqua è più veloce: il datacenter sottomarino si può mettere in piedi in soli 90 giorni.
Gli attuali datacenter, cuore di qualunque attività digitale, dall’email al video streaming al social networking, contengono migliaia di computer che si surriscaldano e richiedono potenti impianti di raffreddamento, anche perché i server surriscaldati sono a rischio crash. Sistemare tutti questi computer sott’acqua poterebbe risolvere il problema – e in più il sistema potrebbe essere associato a una turbina per generare elettricità e così autoalimentarsi.
Microsoft ha costruito un datacenter a 1 km dalla costa americana sull’Oceano Pacifico sulla base del progetto di un suo dipendente, Sean James, che proviene dalla Marina americana; i lavori su questa struttura sottomarina sono iniziati a fine 2014.
Il progetto (Project Natick) è ancora nella fase di test e Microsoft ha indicato che è ancora presto per capire se questo modello si potrà concretamente adottare, ma, ha chiarito che “Project Natick riflette la continua ricerca di Microsoft di soluzioni per datacenter per il cloud che offrono capacità di erogare rapidamente il servizio, costi ridotti, reattività altissima e sostenibilità ambientale”.
Il datacenter sottomarino, spiega ancora Microsoft, è vantaggioso perché può servire tutte le persone che vivono entro 200 km di distanza dalla costa. Inoltre, è facile accedere alle risorse per il raffreddamento e a fonti di energia rinnovabili e l’ambiente è “controllato”. Microsoft sostiene che la sua struttura non ha impatto ambientale, perché ha zero emissioni e non surriscalda le acque circostanti, né produce scorie o scarti. La struttura allo studio dovrà essere capace di restare in attività almeno per 20 anni, dopodiché verrebbe “riciclata”; ogni cinque anni i computer e i server verrebbero comunque rinnovati per essere sempre allo stato dell’arte.
I test si infittiranno l’anno prossimo: secondo quanto rivelato dagli ingegneri Microsoft al New York Times, nel 2017 l’azienda americana darà il via a un nuovo trial, forse vicino alla Florida oppure nella nostra Europa, nelle acque del Nord.