IL CASO

Giallo sul decreto fibra ottica: il Cdm lo approva ma “a metà”

Il testo del Mise entrato in Consiglio viene approvato, ma con la clausola “salvo intese”. I Trasporti vogliono avere voce in capitolo. Ravera (Asstel): “Politica schizofrenica, emanare in fretta il testo”. La replica di Armani (Anas): “Le nostre richieste di coordinamento non tenute in conto”

Pubblicato il 12 Feb 2016

Andrea Frollà

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Il decreto fibra ottica si tinge di giallo. Finalmente, dopo tante attese il Mise ha messo a punto un testo organico di attuazione di una direttiva europea del 2014. Lo schema di decreto è stato discusso dal Consiglio dei ministri di mercoledì ed è anche stato approvato, ma con una clausola “salvo intese”. In altre parole, prima di vedere il testo definitivo sarà necessaria un’ulteriore consultazione tra i dicasteri, in particolare col Mit che ha sollevato le principali obiezioni e con il ministro Delrio che, secondo quanto riporta la Reuters citando una fonte a conoscenza del dossier, è “preoccupato per le ripercussioni che i lavori fatti in fretta possano avere su costi e sicurezza di chi le strade le gestisce, come l’Anas”. In questa maniera si rischia un ulteriore allungamento dei tempi, proprio mentre il governo sta spingendo per la realizzazione del pianto banda ultralarga. O, ancora peggio, per la pressione di lobby varie poco propense all’innovazione tecnologica, si rischia di produrre non solo ritardi ma anche un testo “monco” rispetto allo schema approvato dal Cdm rendendo più complicata e costosa la realizzazione delle nuove reti broadband.

Due i punti che hanno provocato lo stop temporaneo al testo entrato in Consiglio. Il primo riguarda una previsione contenuta nell’articolo 5, al cui interno si prevede che “le specifiche delle tecniche di posa su tralicci e pali, di scavo tradizionale e di scavo a basso impatto ambientale, nonché dei relativi ripristini sono definite dall’Ente nazionale italiano di unificazione attraverso le apposite norme tecniche e prassi di riferimento”. Una previsione che dà potere all’ente incaricato di definire gli standard e in sostanza elimina la necessità di ricorrere continuamente a interventi normativi “di sblocco” delle tecnologie innovative. Si tratterebbe di un cambio di paradigma. Oggi, infatti, ogni nuova tecnica di scavo deve aspettare l’autorizzazione di uno specifico provvedimento legislativo per essere introdotta sul mercato. Al contrario, la stesura originale del decreto affiderebbe il via libera alle nuove tecnologie ad un ente tecnico terzo incaricato degli standard. In quasta maniera si garantirebbe maggiore flessibilità e minor peso alle lobby che normalmente ruotano attorno ai provvedimenti di legge, garantendo a volte più il vecchio che il nuovo..

Il secondo punto di discordia riguarda il 3° comma dell’articolo 12, recante “Disposizioni di coordinamento”, che interpreta il comma precedente “nel senso che gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica possono essere soggetti soltanto alle prestazioni e alle tasse o canoni espressamente previsti dal comma 2 della medesima disposizione”. Vale a dire che gli operatori potrebbe essere tassati per la sola occupazione di suolo pubblico (Tosap e Cosap), levando ai Comuni la possibilità di imporre altre tasse sui lavori, ossia i cosiddetti i cosiddetti oneri non ricognitori..

Critiche aspre sono arrivate da Dina Ravera, presidente di Assotelecomunicazioni-Asstel. “Siamo molto preoccupati e sconcertati dalla schizofrenia che sembra dominare la politica in materia di banda ultralarga”, ha commentato Ravera sulla mancata emanazione da parte delle norme per la semplificazione e la riduzione degli oneri della posa della fibra ottica.

Dina Ravera, presidente di Assotelecomunicazioni

Misure – spiega Ravera – promesse da tutti i governi che si sono occupati di “digitale”, auspicate dal Parlamento e vitali per accelerare l’attuazione della strategia del Governo sulla banda Ultra larga e rendere più efficienti gli investimenti infrastrutturali degli operatori di tlc”.

Secondo la presidente di Asstel “il ritardo nell’emanazione del testo definitivo del decreto sembra trovare giustificazione nella voce che un’Amministrazione dello stesso Governo abbia posto il veto su queste disposizioni”. Ravera non fa nomi, ma dietro le sue parole si può immaginare che il riferimento possa essere all’Anas, che in passato ha più volte contestato l’opportunità di applicare le nuove tecnologie di scavo e l’allentamento delle procedure burocratiche e degli oneri amministrativi in caso di posa delle reti in fibra ottica.

Gianni Armani, presidente dell'Anas (Azienda Nazionale Autonoma delle Strade)

A stretto giro di boa è arrivata la replica dell’Anas, per voce del presidente Gianni Armani. “Non sono state tenute in conto le nostre richieste di un coordinamento per evitare il lievitare dei costi e problemi alla sicurezza che scavi e tagli dell’asfalto possono creare”, ha spiegato il manager contattato da Reuters sottolineando che le nuove norme consentono a ciascun operatore di telecomunicazioni di richiedere e ottenere un diritto di scavo “a cui noi abbiamo limitatissime possibilità di opporci” e che “potrebbero arrivarci richieste successive per lo stesso tratto di strada” magari la fine della riasfaltatura. L’azienda, che ha un piano di manutenzione da circa 200 milioni per riasfaltare le strade nazionali, chiede in sostanza un coordinamento per “evitare di far lievitare i costi a dismisura”.

Il testo del decreto esaminato e approvato dal Consiglio contiene tutta una serie di disposizioni volte ad accelerare i tempi di realizzazione della posa della fibra ottica e favorire l’utilizzo delle nuove tecnologie, facendo leva sullo snellimento delle procedure burocratiche e dei vincoli legislativi, sulla facilitazione dell’accesso alle reti e alle informazioni e sulla mappatura precisa delle infrastrutture. L’obiettivo generale riguarda la promozione di un “uso condiviso delle infrastrutture fisiche esistenti” e un “dispiegamento più efficiente di infrastrutture fisiche nuove, in modo da abbattere i costi dell’installazione di tali reti”.

In quest’ottica rientra la previsione del diritto riconosciuto a ogni gestore di infrastruttura fisica di rete di “offrire ad operatori di reti l’accesso alla propria infrastruttura fisica ai fini dell’installazione di elementi di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità”, salvo la possibilità di rifiuto da parte dei proprietari per motivi di indisponibilità o inidoneità. Si prevede inoltre di facilitare l’installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità procedendo a una “una mappatura delle reti di comunicazione elettronica veloci esistenti e di ogni altra infrastruttura fisica funzionale ad ospitarle, presente nel territorio nazionale”, con le regole tecniche per la definizione del contenuto del Sistema informativo nazionale federato delle infrastrutture che saranno scritte da Mise con la collaborazione dell’Agid e della Conferenza unificata.

All’interno dello scherma, precisamente agli articoli 7 e 8, anche disposizioni per la semplificazione nel rilascio delle autorizzazioni, che puntano a snellire le lungaggini burocratiche, e norme per l’accesso degli operatori nei condomini “secondo termini e condizioni eque e non discriminatorie, anche con riguardo al prezzo”. Infine, l’articolo 9 individua nell’Agcom l’organismo di risoluzione delle controversie tra operatori di rete e gestori di infrastrutture fisiche o tra operatori di rete.

La questione delle norme sulle opere di scavo e posa è tutt’altro che recente e coinvolge diversi attori pubblici e privati, come appunto l’Anas, gli enti locali e tutto quel tessuto di imprese che si occupa di scavo oltre naturalmente agli operatori telco. Il pomo della discordia riguarda soprattutto le nuove frontiere delle tecnologie trenchness, ossia quelle non invasive del suolo a basso o nullo impatto ambientale, sulle quali sono però sempre gravati dei costi, imposti dagli enti locali e legati spesso al successivo ripristino del manto stradale, che ne hanno disincentivato l’utilizzo.

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