Le Ict inquinano quanto il trasporto aereo. A rivelarlo è il Green
IT Report 2010 realizzato dal centro studi CrEsit
dell’Università dell’Insubria di Varese, in collaborazione con
la San Francisco State University e PricewaterhouseCoopers, secondo
cui “in termini di emissioni di Co2 l’Information &
Communication Technologies determina il 2% delle emissioni totali,
esattamente lo stesso del trasporto aereo”. E la situazione non
andrà migliorando nemmeno nei prossimi anni: entro il 2020 la
percentuale supererà il 3%.
Il report si basa su uno studio condotto su un panel di imprese
europee e americane con lo scopo di andare a valutare l’approccio
nei confronti del Green IT. Dallo studio emerge che meno del 25%
delle imprese hanno raggiunto pienamente lo stadio definito
"Proactive Green" in cui le iniziative di verdi sono
mosse sono mosse da obiettivi sociali/ambientali (e non
semplicemente di riduzione dei costi) e sono diffuse all’intera
organizzazione questo stadio. Per quanto riguarda invece la
diffusione del progetti nel 50% dei casi essi risultano limitati a
singole unità organizzative (funzioni, stabilimenti, filiali) e
non rappresentano una diffusione all’intera azienda; infine
ancora la metà delle aziende censite ammette di attivare
iniziative di Green IT prevalentemente per motivi economici
(risparmio dei costi) e non ancora per raggiungere obiettivi
strategici di responsabilità ambientale.
“Riteniamo che nell’attuale scenario competitivo sia utile ed
opportuno per una impresa avere una forte impronta Green – spiega
Alberto Oretti, direttore del CrEsit e responsabile del Git 2010
Report -. Tale approccio, oltre a permettere di anticipare
imposizioni e vincoli legislativi che sicuramente arriveranno, può
dare alle imprese un vantaggio competitivo sostenibile nel lungo
termine. Essere Green può dare benefici in chiave di reputazione e
immagine aziendale, ma anche risparmi economici che nel tempo si
dimostrano superiori agli investimenti fatti. Le analisi calcolano
per gli investimenti in Green IT un pay-back ratio che va dai 3 ai
5 anni e che si riduce drasticamente in periodi di tensioni sul
mercato dell’energia. A tali benefici si aggiungono poi le
esternalità positive – di difficile valutazione – dettate dal
minor consumo di risorse e dal minore impatto ambientale”.
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