CYBERSECURITY

“La digitalizzazione non si fa per decreto”

Non c’è traccia di Spid in due dei tre gestori autorizzati. La difficoltà di agire fra norme e regole inapplicabili. La rubrica di Mario Dal Co

Pubblicato il 19 Feb 2016

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Scriveva Agid a novembre scorso (http://www.agid.gov.it/notizie/2015/12/19/spid-accreditati-i-primi-gestori-identita-digitale) Da gennaio 2016 (i gestori) potranno iniziare la propria attività di erogazione delle credenziali ai cittadini e alle imprese. Sono tre i gestori autorizzati: Telecom Italia, Poste Italiane e InfoCert. Sul sito Telecomitalia (http://www.telecomitalia.com/tit/it/innovazione/digital-champions/identita-digitale-sicurezza-vantaggi-cittadino.html) le informazioni sull’identità digitale sono aggiornate al 24 giugno 2014. Il rinvio al sito della consociata che gestisce lo Spid (http://www.trusttechnologies.it/default.aspx?idPage=613) quando l’ho provato (ore 11.28 del 5/2/2016) non dava esito. Il sito dedicato (http://www.trusttechnologies.it/Spid/) rinvia alle norme e al sito Agid per approfondimenti, ma non ho trovato alcun accesso a servizi on line. Andiamo sulle Poste.

Qui l’unica cosa che si trova è il sistema di identità digitale dell’azienda, PosteID (http://www.poste.it/landing/PosteID/index.shtml?wt.ac=hpsol-lu-posteid) che è riservato ai titolari di una carta Postepay o ai clienti BancoPosta Online o BancoPosta Click in possesso del Lettore BancoPosta. Dello Spid non ho trovato traccia. Su Google la ricerca spid posteitaliane (ore 11,41 del 5 febbraio) ha dato risultati che, nelle prime dieci pagine, non contenevano alcun rinvio a siti di Posteitaliane. InfoCert ha fatto i compiti: il sito c’è e funziona (https://identitadigitale.infocert.it/) e ha la procedura on line e che per due anni fornisce il servizio di identità digitale gratuitamente. Fossi nell’Agid, chiederei a Infocert quanti l’hanno chiesto ed analizzerei con attenzione il dato iniziale che è sempre molto significativo: è al primo assaggio che si capisce se il vino è buono.

Il fiasco, temo, è già pronto per esser servito. Il governo crede ancora che la digitalizzazione si faccia per decreto: all’epoca della CEC-PAC avvertii con insistenza -ero consigliere- il Ministro e il Capo Dipartimento del rischio di fallimento della CEC-PAC, ma mi fu risposto che avrebbe funzionato “perchè la legge obbliga le amministrazioni a rispondere”.

Si è visto come è andata: le amministrazioni non hanno risposto e i cittadini non sapevano che farsene di una posta certificata non interoperabile con il settore privato e priva di servizi on line. Dieci anni fa Pierluigi Curcuruto – animatore di Prospera associazione che promuove la responsabilità, la trasparenza e l’onestà intellettuale – era responsabile dei sistemi informativi di Intesa. Pierluigi sosteneva che le banche erano pronte ad implementare il bancomat in modo che fosse adeguato alle esigenze di sicurezza della carta di identità (digitale e non) e che erano pronte a farlo gratuitamente.

Le banche investono decine di milioni di e uro ogni anno in cybersecurity, cosa che lo Stato non potrà mai fare e ancor meno i comuni che erogano le carte di identità cartacee, quindi le banche sarebbero erogatori potenzialmente molto sicuri, e così Inps e così Poste. Il vantaggio sarebbe enorme: i cittadini-clienti di questi servizi on line saprebbero subito a che cosa serve l’identità digitale e non dovrebbero fare lo slalom tra i decreti e i regolamenti, regolarmente inapplicati e spesso inapplicabili.

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