Viasat alla rivoluzione dei big data

Il presidente Domenico Petrone: “In Italia la scatola nera a bordo viene guardata con sospetto: ma telematica vuol dire opportunità, non controllo”

Pubblicato il 24 Feb 2016

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“Ci siamo trovati immersi nel mondo dei big data quasi per caso, come conseguenza di scelte d’innovazione di 25 anni fa, quando per primi al mondo abbiamo puntato sulla telematica nel campo degli antifurti satellitari per le automobili. La nostra attività ci obbliga a trattare una quantità enorme di dati, parliamo di 70 terabyte: ogni anno raccogliamo informazioni su 8 miliardi di chilometri percorsi dai mezzi che montano i nostri sistemi: 53 volte la distanza tra la Terra e il Sole. Non utilizzare, analizzare e mettere a disposizione di utenti e aziende questo patrimonio sarebbe stato impensabile”. Lo dice a CorCom Domenico Petrone, presidente di Viasat Group, azienda specializzata nel progettare e produrre di sistemi elettronici automotive con tecnologie telematiche satellitari, da poco sbarcata anche in Portogallo con la newco BluSat Serviços Telematicos.

Petrone, quella dei Big data analytics è quindi una sorta di “scelta obbligata”?

E’ un’opportunità di sviluppo fondamentale, soprattutto se non vogliamo accontentarci dell’oggi, ma vogliamo guardare avanti. Le nostre strutture sono diventate sempre più capienti per raccogliere e analizzare le informazioni, e investiamo ogni anno due milioni di euro in innovazione per servizi a valore aggiunto: non progettiamo solo strumenti, come la scatola Blu, ma utilizziamo i nostri dati trasformandoli in conoscenze.

Un “patrimonio” particolarmente prezioso, ad esempio per le assicurazioni…

Certo, ma anche per i singoli utenti. Oggi siamo in grado di fornire tutte le informazioni sulla dinamica degli incidenti. A partire da dove, come e quando si è verificato il sinistro. Grazie a un accelerometro a tre assi che montiamo con la scatola blu, con un algoritmo e motori di analisi che abbiamo sviluppato in proprio, siamo in grado anche di capire anche se il mezzo ha tamponato o è stato tamponato, se ha urtato contro un guard-rail o si è ribaltato. Questo consente di quantificare l’entità del danno e dell’incidente, e di allertare in automatico i mezzi di soccorso nei casi più gravi.

E al di là delle assicurazioni?

Una delle prospettive più importanti è il monitoraggio dei flussi, grazie all’aggregazione delle informazioni che arrivano da 500mila mezzi, dalle automobili private ai mezzi pesanti, dalle flotte aziendali al car sharing. Possiamo contribuire alla definizione dei “black point”, quelli dove si verificano più incidenti, e dei “red point”, quelli dove per particolari situazioni climatiche o dell’asfalto potrebbero essere più probabili i sinistri. Ma si può arrivare ad analizzare lo stile di guida: vuol dire, solo per fare un esempio, poter premiare i più prudenti con polizze dal costo più contenuto.

Perché spesso “la scatola nera a bordo” è vissuta con sospetto?

Riscontriamo il problema soprattutto in Italia: c’è bisogno di educazione nel nostro Paese, c’è un problema “etico”: deve passare il concetto che la telematica non è “controllo”, ma opportunità. Trovo incredibile che l’informatica sia entrata nel campo della produzione dell’industria, ma che le società non sappiano dove e come i loro prodotti si muovono dopo la spedizione. Si trasportano valori e asset enormi, è fondamentale avere la tracciabilità, integrando i dati dei flussi, di velocità, di percorrenza, i tempi di attesa, gli incidenti, verso un sistema informatico: è l’integrazione tra telematica e informatica.

Quali sono le direttrici di sviluppo più importanti?

Una è la diagnostica a bordo delle automobili: poter avvertire i clienti delle reali necessità di manutenzione o dei malfunzionamenti del mezzo monitorandone le prestazioni da remoto.

Vi è capitato di “precedere” le leggi?

Capita continuamente, ed è un peccato che a livello politico e istituzionale riscontriamo poca sensibilità. Le frodi assicurative costano 12 miliardi l’anno, le inefficienze nel trasporto pubblico altri 10: ce ne sarebbe per una finanziaria. La legge sulla scatola nera esiste da tre anni, ma il decreto attuativo non è mai stato fatto. Così ci potremmo trovare, nel 2018, a subire e applicare le regole Ue senza poter dire la nostra, senza fare proposte, a causa del ritardo che accumuliamo oggi.

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