Il 20% degli italiani pensa che le interazioni virtuali possano essere tanto buone quanto quelle reali. Questo il dato che emerge dalla ricerca dedicata da Gfk al giudizio che gli utenti danno alle relazioni stabilite sulla Rete – via WhatsApp e Facebook, ad esempio – che si tratti di lavoro o contatti personali, in confronto a quelle stabilite nella vita reale.
Secondo lo studio, realizzato su 27mila utenti in 22 Paesi al mondo, in Italia sono soprattutto le donne a essere le più aperte nei confronti di questo tema, con il 25% di risposte favorevoli, contro il 16% registrato dagli uomini.
Il tasso di apertura varia ovviamente in relazione all’età. Gli italiani tra i 30 e i 39 anni sono quelli più pronti a dare risposte favorevoli (27%), seguiti quasi a pari merito dalla fascia 15-19 anni (21%) e 20-29 anni (20%). Tra le persone con più di 60 anni, al contrario, solo il 14% degli intervistati pensa che interagire a distanza utilizzando dispositivi tecnologici abbia lo stesso valore di conoscere qualcuno o qualcosa di persona.
Allargando lo sguardo su scala internazionale la media si alza leggermente, con il 23% del campione che è convinto che il contatto virtuale possa essere tanto valido quanto quello realizzato di persona.
Anche in questo caso si registrano variazioni in funzione all’età, con le persone appartenenti alle fasce 20-29 anni e 30-39 anni convinte, rispettivamente con il 28% e il 27%, della possibilità di comparare in positivo piano reale e piano virtuale. Seguono in classifica gli adolescenti (15-19 anni), con il 22% dei commenti favorevoli. Meno aperte le fasce di età più anziane: tra i 50 e i 59 anni solo il 15% degli intervistati è d’accordo con questa affermazione, mentre una persona su cinque (20%) si dichiara fortemente in disaccordo. Salendo ancora con l’età, tra le persone con più di 60 anni quasi un terzo si dichiara in disaccordo (27%) mentre solo uno su dieci si dichiara d’accordo (11%).
Brasile e Turchia guidano la classifica delle nazioni più aperte nei confronti del virtuale, con circa un terzo (34%) dei consumatori convinto che le interazioni virtuali possano essere tanto valide quanto quelle di persona. Seguono a breve distanza Messico (28%), Cina (27%) e Russia (24%). All’estremo opposto della classifica si trova la Germania, con quasi un terzo delle persone (32%) che si dichiara in disaccordo con l’equiparazione reale-virtuale nell’ambito delle interazioni umane. Seguono la Svezia al 29%, quindi Repubblica Ceca e Belgio con poco più di un quarto (26%) e Paesi Bassi e Regno Unito con circa il 23%.