Software di gestione elettronica dei documenti, conservazione digitale, portali per la condivisione delle attività, ma anche per il controllo gestionale di workflow e business intelligence. Sono questi gli ambiti in cui si concentrerà la spesa Ict degli studi professionali italiani nei prossimi anni, che dopo aver toccato 1,1 miliardi nel 2015 (il 12% per investimenti in innovazione, il 16% per sviluppo dell’esistente, il 20% per adeguamento tecnologico o normativo, il 53% per attività di gestione dell’esistente) è destinata a crescere ulteriormente (+8%) nel 2016.
Lo rileva l’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, presentato questa mattina a Milano al convegno “Professionista, oggi apriresti uno studio?”, che ha fotografato lo stato attuale e gli scenari futuri della digitalizzazione e dei servizi degli studi italiani di avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro.
Spesa Ict oltre le attese, cresce la propensione all’uso del cloud – La spesa in tecnologia per il 2015 è stata di circa 9mila euro per singolo studio, ben oltre i 6mila preventivati nel 2014 e concentrata principalmente su alcuni strumenti, come la firma digitale, le banche dati e la gestione dei flussi telematici. L’aumento ulteriore previsto per l’anno in corso sarà spinto dal segno più di redditività e fatturato registrato da oltre la metà degli studi nel corso del 2015. Tuttavia, sarà una crescita legata non solo ad un mero innalzamento del budget Ict, ma diretta a software gestionali e operativi in grado di migliorare la condivisione di documenti e attività e in generale l’intera organizzazione del lavoro e i business model.
Cresce la propensione all’uso del cloud computing, nonostante persistano le perplessità nel mondo professionale: tra coloro che utilizzano applicazioni in cloud, il 79% le usa per la PEC e il 66% per la posta elettronica di studio, il 62% per le banche dati. Tra coloro, invece, che usano i servizi in nuvola per le strutture hardware, il 12% lo impiega per tutti i server, il 22% solamente per una parte di essi. Del 66%, invece, che non usa il cloud per l’hardware, il 37% è interessato a valutarlo già il prossimo anno.
“Tra le professioni giuridiche d’impresa cresce la consapevolezza che le ICT siano un alleato dello studio – sottolinea Claudio Rorato, direttore dell’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale -. Oggi, pur in presenza di alcune zone d’ombra, una minoranza di professionisti più consistente del passato si sta muovendo, dimostrando capacità di autocritica e volontà di arricchire il bagaglio tecnico-specialistico di nuove competenze, per affrontare nuove sfide anche fuori delle aree tradizionali”. Da una parte, spiega Rorato, le tecnologie “hanno consentito di migliorare la produttività e l’efficienza complessiva”, dall’altra il miglioramento delle redditività “ha permesso agli studi più sensibili alla tecnologia di aumentare la presenza tecnologica”.
Interessante notare inoltre che da un panel di 134 studi che hanno risposto alla survey dell’Osservatorio sia tre anni fa che nel 2015, risulta che solamente l’1% di coloro che avevano dichiarato che non avrebbero investito in ICT nei due anni successivi, ha mantenuto fede all’intenzione.
Più collaborazione fra gli studi – Il 54% degli studi professionali dichiara una redditività in crescita, rispetto al 43% dello scorso anno. Gli studi italiani sono soprattutto di micro e piccola dimensione: il 54% realizza un fatturato al massimo di 100 mila euro, con un portafoglio di clienti non superiore ai 50 nominativi, per metà il fatturato medio per cliente è di 2 mila euro. La ricerca dell’Osservatorio Polimi ha anche analizzato i principali indicatori strutturali degli studi professionali, che per il 73% sono oggi di natura individuale e hanno un organico medio composto da due professionisti e due dipendenti. L’età media si attesta su un range che va dai 45 ai 57 anni, con la presenza femminile quasi pari a quella maschile tra avvocati e consulenti del lavoro, mentre la componente maschile predomina la categoria dei commercialisti.
Eccetto gli studi della propria categoria professionale, i concorrenti più frequenti sono le associazioni di categoria e i CAF, verso i quali la leva competitiva più utilizzata è rappresentata dai prezzi. Per reggere l’urto della crisi il 30% dei professionisti italiani vede nella collaborazione con i colleghi di altri studi, seppur non formalizzata, un’importante occasione di crescita o quantomeno un’opportunità in più per il proprio business.
Servizi, aumenta il peso della consulenza – In generale, l’indagine 2015 condotta dagli Osservatori della School of Management del Politecnico di Milano testimonia anche un aumento del peso della consulenza, arrivato al 27% contro il 18% circa registrato nel 2014, e che sta spingendo l’interesse verso la creazione di portale di consulenza online. Un’ipotesi che il 51% degli studi afferma di valutare, sostanzialmente per ragioni di visibilità, possibilità di raggiungere nuova clientela, offrendo uno strumento a quella già in portafoglio, e incrementare il fatturato.
L’attività di consulenza, spiega Rorato, “è destinata a pesare sempre di più all’interno del conto economico e del tempo lavorativo” con la consulenza online che “contribuirà sempre più a fornire un supporto come primo contatto con alcune realtà imprenditoriali”.
Servizi all’internazionalizzazione? Non pervenuti – Rispetto ai servizi, la consulenza per la finanza agevolata, i finanziamenti europei, lo sviluppo di nuovi mercati e l’assistenza alle startp sono quelli che potrebbero entrare a piedi pari nell’offerta degli studi nei prossimi anni. Il vero punto debole resta il sostegno all’internazionalizzazione che, se per alcuni professionisti (38%) non rappresenta una priorità data l’assenza di clientela interessata al servizio, è offerto oggi in modo diretto solamente dal 5% degli studi italiani.
Il Premio Professionista Digitale 2015 – L’Osservatorio ha consegnato il Premio Professionista Digitale 2015 agli studi che si sono distinti per capacità innovativa a livello organizzativo e di business con l’utilizzo delle tecnologie digitali. Hanno ricevuto il riconoscimento in ex aequo per la categoria Avvocati Digital & Law Department Studio Legale Lisi (Lecce) con il progetto “KnowIT” e Studio Legale Labate (Roma) con il progetto “Studio online”; per la categoria Dottori Commercialisti Barbieri & Associati Dottori Commercialisti (Bologna) con il progetto “Vuoi noi? Parliamone!”; per la categoria Consulenti del Lavoro Studio Pietro Antonietti Consulenti del Lavoro (Novara) con il progetto “HR Business Intelligence”. Gli altri finalisti del Premio Professionista Digitale 2015 sono l’Avvocato Sonia Canevisio (LO), Studio Legale Benedet, Polesel, Stramare & Corsini – Associazione Professionale (PN), Quadra Studio (VI), Caravati Pagani – Dottori Commercialisti Associati (NO), SistemaFisco (VI), Studio Sellitto (SA), Studio Paserio – Consulenti del Lavoro (VA).