“Lo scorso 26 febbraio la Gepin Contact ha avviato la procedura di licenziamento collettivo per 352 lavoratori, 132 della sede di Roma, a causa della recessione dal contratto da parte del Gruppo Poste Italiane Spa per i servizi di call center”. Così in una nota Fabrizio Micarelli e Barbara Cosimi della Slc Cgil di Roma e del Lazio. “Poste Italiane, la più grande azienda a partecipazione pubblica del paese – continuano – non può non assumersi l’onere della responsabilità sociale nei confronti delle lavoratrici e lavoratori della Gepin che da oltre dieci anni garantiscono ai cittadini un servizio di qualità. Tutto questo avviene, tra l’altro, a poco più di un mese dall’approvazione da parte del Parlamento del ddl sugli appalti che contiene la clausola sociale per i call center in caso di cambio d’appalto, una norma che garantisce la continuità dei rapporti di lavoro”.
“Da mesi stiamo richiamando Poste Italiane ad assumersi l’onere di svolgere fino in fondo quel ruolo che le compete in quanto azienda a partecipazione pubblica – aggiungono i sindacalisti -. Se si decidesse di non applicare la clausola sociale sarebbe un fatto gravissimo e inaccettabile di cui si dovrebbe far carico anche il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Le leggi, una volta approvate, devono essere applicate e rispettate tanto più se si tratta di un soggetto pubblico”.
Gepin Contact ha sedi a Casavatore (Napoli) e a Roma, e da 13 anni gestiva il call center nazionale del servizio postale, che rappresentava la commessa più importante. Gli ultimi due anni sono stati segnati, da un lato, da cambi di gestione, acquisizioni e mutamenti di progetto che hanno indebolito la società, dall’altro, dalla mancata partecipazione (per una complicata questione di conflitto di interesse) ai nuovi bandi di gara.
“La commessa di Poste – denuncia la Slc – è stata data a 0,29 centesimi di euro al minuto, che sviluppa un prezzo ridicolo di quattordici euro l’ora complessivo. A fronte di un ‘prezzo di sicurezza’ che dovrebbe aggirarsi sui 27-28 euro all’ora per permettere una giusta retribuzione al lavoratore, un guadagno legittimo al datore di lavoro e anche di investire qualcosa in innovazione e ricerca”.
Nei giorni scoros Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil hanno lanciato l’allarme su ottomila licenziamenti nei call center nei prossimi mesi. “La decisione di Poste Italiane ed Enel, aziende controllate dallo stato Italiano, di assegnare le attività di call center senza rispettare la clausola sociale contenuta nel ddl Appalti approvato dal Parlamento – spiegavano in una nota – la volontà del Governo di non far applicare quanto previsto dalle leggi italiane in tema di delocalizzazioni di attività di call center, la scelta politica di privare il settore degli ammortizzatori sociali ordinari, provocheranno nei prossimi mesi oltre 8000 licenziamenti nel settore dei call center, di cui almeno la metà vedrà aprire le procedure di licenziamento già nel mese di marzo”.