Wael Ghonim, noto per aver “scatenato la primavera egiziana” sostiene: «Le Primavere hanno svelato il potenziale di Facebook.» Nel 2011 egli chiamò a radunarsi i contestatori di Mubarak: «Adunandoci in 100mila nelle strade, nessuno ci potrà fermare.» Ne arrivarono 300mila e, secondo Ghonim, la piazza così affollata determinò la caduta del dittatore. Merito di Facebook, dunque.
Ghonim afferma inoltre che la polarizzazione della piazza fra esercito e fondamentalisti, finita a vantaggio del primo, è stata determinata mediante FB, deviando quindi la speranza di democrazia verso la nuova dittatura. Questa sintesi non può tradurre tutto l’articolato ragionare di Ghonim, ma basta per confutare la tesi di fondo: FB protagonista nel bene e nel male delle Primavere arabe. A nostro modesto avviso, FB è un mezzo di comunicazione, utile ad adunare e (dis)informare, più tempestivo dei media più datati.
Da qui a sostenere che la folla ha abbattuto Mubarak, c’è un salto logico non trascurabile: la folla non combatte, tanto meno contro forze militarmente organizzate. La folla tutt’al più s’aduna, propiziando l’obiettivo delle avanguardie, operanti all’interno della folla stessa. Gli intellettuali devono solo propalare disinformazione che nasconda questo meccanismo e svii l’attenzione della folla dalle avanguardie che la stanno strumentalizzando. «Le discussioni online si trasformano in folle arrabbiate.» Sostiene Ghonim. Vero. Basta tuttavia scorrere i post biliosi di FB per comprendere che un motivo c’è, se non scoppia una rivoluzione al giorno. Insomma FB è ottimo veicolo di verità e di panzane, come Ghonim ben sa.