Forse già nella giornata di domani le Commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato esprimeranno il proprio parere sul Freedom of Information Act, il testo che punta a garantire il diritto di accesso ai dati della Pubblica amministrazione, approvato in via preliminare dal governo il 20 gennaio. Seppur non vincolante, la pronuncia del Parlamento rappresenta un segnale importante indirizzato al Governo. Specialmente se, come sostengono le due associazioni Riparte il futuro e Diritto di Sapere, “il testo in materia di trasparenza è molto lacunoso e va fortemente revisionato”. Una critica alla quale le due organizzazioni hanno deciso di far seguire una campagna video, per denunciare l’inefficacia dell’attuale decreto.
Il rischio di una mancata semplificazione – Il resto meriterebbe una riscrittura anche secondo il Consiglio di Stato, che recentemente ha ribadito quanto sostenuto dagli oltre 60mila firmatari della petizione Foia4Italy. Tra i punti più controversi, spiegano Riparte il futuro e Diritto di Sapere, rientrano in primis “la mancata semplificazione” in quanto l’introduzione del Foia italiano “non porta a un ridisegno complessivo del diritto di accesso e degli obblighi di trasparenza da parte della Pubblica amministrazione (Pa), aumentando la confusione per i cittadini e per i funzionari pubblici”. Anche perché, sostengono le associazioni, “non viene identificato un responsabile unico a cui rivolgersi per accedere ai dati, complicando ulteriormente la vita del cittadino”.
“Ci aspettiamo un segnale forte dal Parlamento, che faccia proprie le perplessità già espresse dal Consiglio di Stato e da tutti quei cittadini che sottoscrivendo la petizione di Foia4Italy hanno chiesto una profonda revisione del testo approvato dal Consiglio dei ministri – sottolinea Federico Anghelé (Riparte il futuro) -. Il Freedom of Information Act non può essere solo un’etichetta senza sostanza ma deve invece essere uno strumento fondamentale per prevenire la corruzione rendendo trasparente la Pa. Chiediamo ai parlamentari che si pronunceranno sul Freedom of Information Act di farlo con chiarezza: il testo va modificato, mettendo al centro le esigenze del cittadino e non quelle della Pa”.
I timori per le eccezioni e il silenzio-diniego – A preoccupare è anche l’estensione delle eccezioni rispetto alle materie su cui non è possibile fare domanda di accesso. La vaghezza della formulazione, spiegano i sostenitori di una revisione al testo, “lasciando ampio spazio di discrezionalità alle pubbliche amministrazioni, renderà inaccessibili moltissime informazioni in materia di politica economica del Paese o quelle riguardanti gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica”.
Suscita perplessità anche il silenzio-diniego: la mancata risposta in trenta giorni a una richiesta di accesso va considerata come un rigetto da parte dell’amministrazione che non ha l’obbligo di giustificarsi. In questo modo, sottolineano le due organizzazioni, “il cittadino non potrà sapere se il mancato responso sia imputabile all’assenza del documento o, invece, sia dovuto a una delle molteplici eccezioni”. Ed eventualmente a quale di quelle previste. Di fronte al silenzio dell’amministrazione “resterà un’unica strada per veder riconosciuto il proprio diritto: il ricorso alla giustizia amministrativa”, che va ricordato ha però costi elevati (500 euro di contributo), prevede la consulenza di un avvocato e ha tempi non proprio rapidissimi.
L’alternativa della via stragiudiziale – Per ovviare a quest’ultima problematica Foia4Italy ha già suggerito ad esempio la via stragiudiziale, con il coinvolgimento dell’Anac com’era previsto anche nella delega parlamentare. Una soluzione che non graverebbe sul portafoglio del cittadino e snellirebbe la procedura. Peraltro, ricorda l’organizzazione che riunisce oltre 30 associazioni e realtà della società civile, il decreto introduce il silenzio-diniego, ma non prevede sanzioni per le amministrazioni che dovessero rifiutarsi di fornire la documentazione richiesta.
Infine, in materia di costi i promotori di Foia4Italy credono che vada riaffermato quanto già previsto dalla 241/90, ossia la totale gratuità dell’accesso, fatto salvo il rimborso di eventuali costi eccezionali (come la riproduzione e l’invio fisico dei documenti), che dovranno essere adeguatamente motivati dall’amministrazione.
“L’elaborazione di questa legge è stata tormentata e ha prodotto un testo non in linea con la legge delega della riforma Pa e già cassato dal consiglio di Stato. C’è ancora uno stretto margine per migliorare e spero che Camera e Senato diano indicazioni al governo in questo senso – commenta Guido Romeo (Diritto di sapere) -. Questa legge non solo non può chiamarsi un Freedom of information Act, ma rischia di peggiorare ancora la scarsa trasparenza che c’è in Italia togliendo diritti ai cittadini e mettendo in difficoltà le amministrazioni che invece vogliono essere virtuose”.