IL RAPPORTO

Italiadecide: ecco 8 mosse per fare l’Italia digitale

L’associazione guidata da Luciano Violante presenta lo studio 2016: governance unica per elaborare politiche in grado di far ripartire il Paese. Più attenzione a Industria 4.0 e sharing economy. “Le norme ci sono, ora applicarle”

Pubblicato il 21 Mar 2016

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Suggerire alla politica soluzioni che possono davvero contribuire a quella crescita intelligente di cui il Paese ha bisogno. E’ questo l’obiettivo del rapporto 2016 di Italiadecide, l’associazione presieduta dall’ex presidente della Camera Luciano Violante. Otto le tesi riassunte nello studio, che sarà presentato il 21 marzo a Montecitorio e che CorCom ha potuto visionare.

1 – NON SOLTANTO E-GOVERNMENT. Complessità, interdipendenza, collegamento. PA, scuola, imprese, società civile. La trasformazione digitale per essere efficace deve investire tutto il Paese perché altrimenti rischia di produrre squilibri, diseguaglianze, e soprattutto di ridurre la produttività delle risorse investite determinando un arretramento rispetto all’Europa e al resto del mondo. L’Italia ha coniugato la trasformazione digitale con l’e-governement (il primo grande progetto del 2000 di chiamava proprio così: Piano d’azione per l’e-governement) e già questo ci differenzia dal documento che dà avvio alla Strategia di Lisbona dove si parla di ‘una nuova economia basata sulla conoscenza’, ma l’e-goverment proprio non compare. Tutti concentrati sulla semplificazione ci siamo dimenticati del pesante ritardo sull’infrastrutturazione di base. Ma qualcosa si muove: la nostra Strategia per la crescita digitale 2014-2020 va in questa direzione. Sembriamo aver ben compreso, ma non ancora attuato, che lo sviluppo dovuto alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione ha dato slancio alle economie di Usa e Giappone (rendendo quattro vote in più rispetto al manifatturiero) e che dobbiamo reinventare l’efficienza delI’Italia e dell’Europa perché il Vecchio continente, e noi con loro, incide per il 7% della popolazione mondiale, per il 25% del Pil e per il 50% della spesa sociale. La società digitale è un grande terreno sul quale cimentarsi.

2 – FTTC, FTTB, FTTH? L’IMPORTANTE E’ CHE FUNZIONI! Sull’infrastrutturazione digitale siamo in ritardo rispetto a quasi tutti i partner Ue. Qualcuno potrebbe dire che l’Italia è digitale perché usiamo circa 11,2 milioni di telefonini (ma soltanto quattro milioni di pc e 3,8 milioni di multiscreen), “ma il fatto è che gli operatori hanno assecondato i desideri degli italiani e non hanno avuto il giusto imput dalle politiche pubbliche”, spiega lo studio. Condizione necessaria per la completa digitalizzazione è l’infrastruttura di banda ultralarga. Dal marzo 2015 con la presentazione della Strategia per la banda ultra larga, il cosiddetto piano Bul, dovrebbero attivarsi risorse pubbliche (6 miliardi di fondi europei a cui si dovrebbero sommare i fondi attivabili sulla base del cosiddetto piano Juncker) e private. Dopo la presentazione del piano del governo si è avuta una proliferazione di candidature per la realizzazione delle reti, ma gli operatori sono in fase di stallo e aspettano di sapere quali risorse sono davvero a disposizione. L’unica cosa chiara nella Legge di stabilità 2015 è che arriveranno al Sud l’80% dei 2,2 miliardi dei Fsc (fondi coesione e sviluppo). Eppure la banda ultralarga serve come i ponti e le autostrad. Ma con quale tecnologia ? Fibra fino al cabinet (Fttc), al building (Fttb), o fino a home (Ftth). L’utente vuole un servizio veloce ed efficiente, non una tecnologia. “Per questo è necessario che lo Stato non si limiti a correggere eventuali disfunzioni, ma sia attore avvisa l’associazione – Un attore che però non diventa centralizzatore, ma favorisca la complessità invece che impedirla. Promotore, praticamente, di reti di reti valorizzando i partner anche esterni al mondo delle telecomunicazioni come Enel, Autostrade”. Tra le proposte avanzate nella ricerca: affrontare il tema della rete in fibra ottica contestualmente con quello delle frequenze, semplificando la realizzazione delle infrastrutture e valorizzando nuove frequenze; coinvolgere nella realizzazione dell’infrastruttura anche attori esterni al mondo delle telecomunicazioni; accelerare la fase attuativa del Piano Bul, attribuendo a un organismo centrale funzione di raccolta e aggiornamento dei dati.

3 – DAL MANICOMIO AL MINISTERO. Per dare centralità ai tempi serve un unico centro di responsabilità di rango ministeriale che abbia competenza su direzioni generali e dipartimenti di tutti i ministeri che possono svolgere un ruolo chiave nel governo della trasformazione digitale. Va in questa direzione l’istituzione di un manager della transizione digitale prevista in tutte le amministrazioni centrali dalla legge Madia. A questa innovazione dovrebbe accompagnarsi anche la nascita di una commissione parlamentare permanente. Proposte: istituire un ministero dedicato all’innovazione e alla promozione della società digitale e una commissione parlamentare permanente che abbia lo stesso perimetro d’intervento.

4 – NORME SENZA CONFINI, MA POI SERVONO I FATTI. Siamo partiti tardi, ma poi abbiamo recuperato il terreno. Quantomeno sul piano normativo. Il problema è che alla cospicua produzione di norme, non è seguita una parallela applicazione delle stesse. Molti degli strumenti giuridici previsti dal Codice dell’amministrazione digitale non sono stati ancora attuati. “Ma siccome la rete non ha confini territoriali tangibili, servono regole uniche su problematiche particolari, quali quella fiscale – spiega Italiadecide – Regole che valgano in Italia, in Europa e nel resto del mondo, al fine di evitare tassazioni discriminatorie e di imporre norme antielusione”. Sul piano Ue all’Agenda si èaffiancato il Digital single market che dovrebbe portare alla costruzione di un mercato digitale europeo. Proposte: anticipare la riforma in corso in Europa della direttiva sulla tutela della privacy rafforzando i poteri esecutivi dell’Autorità per la privacy e superando il modello informativa-consenso; sviluppare un’iniziativa dell’Italia nelle istituzioni europee di una carta europea dei diritti fondamentale di internet prendendo come punto di partenza la Dichiarazione dei diritti di Internet predisposta dalla Commissione della Camera e approvata nel luglio 2015.

5 – SHARING ECONOMY: RISCHI E OPPURTUNITA’. La digitalizzazione degli oggetti, ovvero la loro trasformazione in dati ha spostato il controllo del processo produttivo. “Chi possiede le informazioni, dunque, possiede il tesoro, ecco perché le informazioni dovrebbero essere inseriti nel bilancio esattamente come qualsiasi altro bene”, propone Italiadecide. Si passa dal possedere al condividere e le informazioni da scambiare realizzano nuove opportunità di business. L’economia della conoscenza (knowledge economy) e dello scambio (sharing economy) diventano motori di sviluppo. E ciò è valido anche per la Pubblica amministrazione se questa riesce a condividere il proprio patrimonio informativo. Esempi quali Airbnb o Blablacar o The Food Assembly sono esempi lampanti di come la condivisione dei dati abbia portato sviluppo, risparmio e benessere. Proposte: utilizzare i big data nell’attuazione delle politiche di spending review; prevedere nelle amministrazioni centrali funzione di gestione avanzata dei dati e di analisi delle informazioni; promuovere nella PA la formazione di nuove figure professionali sulle aree della gestione avanzata: Chief data officer, Chief digital officer, Data quality manager, Data manager.

6- INDUSTRIA 4.0. La trasformazione digitale del sistema produttivo rappresenta una sfida, ma soprattutto un”occasione per per l’industria italiana che può puntare a posizioni di leadership in settori chiave dell’economia digitale. L’Italia è un Paese manifatturiero. Proposte: accelerare, da parte del ministero dello Sviluppo economico il varo della strategia nazionale per Industria 4.0 coordinando attorno ad essa interventi a sostegno delle imprese innovative, aiuti al Sud e riforma del sistema di formazione professionale, promozione delle attività di ricerca e sviluppo delle Pmi con l’accesso ai fondi europei; inserire in Industria 4.0 indirizzi ed incentivi per sviluppare nuove competenze nei luoghi di lavoro

7 – SCUOLA DIGITALE. Alternanza con il lavoro e digitalizzazione della scuola, sono necessari. Ma digitalizzare la scuola non significa soltanto usare lavagne interattive e computer in classe, ma confrontarsi e utilizzare e scambiare dati e informazioni e in ciò può essere d’aiuto, se si trovano professori sensibili e dirigenti sensibili, ai quali l’autonomia scolastica permette di modificare l’offerta formativa non soltanto per la qualità delle opzioni offerte, ma anche per le modalità di programmazione e per flessibilità oraria. Nella riforma Giannini questo è scritto, ma ora bisogna tradurre quella visione in azione costante e quindi in provvedimenti e scelte ordinate secondo un criterio gerarchico e con scadenze non irrealistiche, assicurando con continuità l’adeguato supporto politico. La sede è l’attuazione del Piano per la Scuola Digitale, pubblicato dal Miur lo scorso ottobre. Ma 35 raccomandazioni sono forse troppe e urgenze si affiancano ad azioni rimandabili. Proposte: valorizzare il tema del digitale nel l’attuazione delle nuove norme sull’alternanza scuola/lavoro; varare un progetto nazionale di rilancio degli istituti scolastici quali poli produttivi con laboratori aggiornati e in costante contatto e scambio con il mondo accademico e con gli enti di ricerca pubblici e privati.

8 – CYBERSICUREZZA. Nei prossimi 5 anni il numero dei device connessi in rete raddoppierà. Il valore dell’e-commerce che oggi vale il 10% a livello mondiale triplicherà! il traffico Ip tra data center triplicherà. Dunque, serve sicurezza nello spazio cybernetico. Ne abbiamo pienamente coscienza, tant’è che lo scorso 10 marzo il presidente del Consiglio, Renzi, ha parlato dei 150 milioni di investimento previsti dalla Legge di Stabilità “per valorizzare la polizia postale, l’intelligenze e i soggetti pubblici e privati che investono in questo settore”. Per quanto ci riguarda abbiamo il Quadro strategico nazionale per la sicurezza dello spazio cybernetico del 2014 che si affida alla partnership pubblico privato e il Piano nazionale per la sicurezza cybernetica e la sicurezza informatica che stabilisce priorità è obiettivi delineati dal Quadro. Proposte: regolare i criteri di autenticazione all’accesso dei servizi on line del cittadino associando anche la biometria per garantire l’effettivo identità di chi ha in uso le credenziali digitali; prevedere infrastrutture digitali della PA in tutto il territorio italiano riducendo il numero dei data center in modo da ridurne la vulnerabilità; promuovere la crescita culturale dei cittadini sui temi della sicurezza informatica.

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