La crisi strutturale dei call center costringe Almaviva a licenziare. Questa mattina è stata formalizzata la procedura di licenziamento collettivo 2.988 lavoratori dei call center: 1.670 a Palermo, 918 a Roma e 400 a Napoli. Dopo i vari tentativi di evitare i tagli, con un passaggio agli ammortizzatori sociali, la società – una delle poche in Italia a non piegarsi alla gare al massimo ribasso e non ascoltare le “sirene” della delocalizzazione – ha annunciato il suo piano di ristruttirazione.
“Il piano è diretto al necessario obiettivo di garantire condizioni di equilibrio industriale e di avviare, nel medio periodo, un percorso di rilancio del posizionamento di mercato nel settore italiano del Crm operativo” spiega una nota di Almaviva Contact, società di contact center del gruppo Almaviva.
In uno scenario di mercato dominato da fattori distorsivi alterano la concorrenza, dal mancato rispetto delle norme sulle delocalizzazioni di attività in Paesi extra UE all’utilizzo opportunistico degli incentivi per l’occupazione, contrassegnato dal calo progressivo dei volumi totali lavorati in Italia e dalla continua compressione del prezzo dei servizi, Almaviva Contact ha registrato tra il 2011 e il 2015 una contrazione dei ricavi del 33% sul mercato italiano. In questo contesto le strategie “volte a sostenere l’impegno produttivo, a consolidare il proprio radicamento nel territorio nazionale e a salvaguardare la continuità dell’intera forza occupazionale, anche attraverso il pluriennale ricorso a strumenti di solidarietà difensiva per gestire gli esuberi dichiarati, non sono più sufficienti a fronteggiare, in assenza di iniziative correttive, la situazione di crisi strutturale che, solo nell’ultimo biennio, ha provocato sul perimetro italiano del Crm circa 16 milioni di euro di perdite per l’azienda e ha già comportato ricapitalizzazioni da parte dei Soci per circa 50 milioni di euro”.
“L’accertata insostenibilità delle attività svolte alle condizioni attuali rende necessario e urgente per Almaviva Contact un articolato intervento di riorganizzazione, le cui linee direttrici sono costituite da riduzione dei costi, efficientamento degli assetti logistici, valorizzazione delle leve di sviluppo commerciale basate su tecnologie proprietarie e dalla semplificazione della struttura organizzativa”, prosegue la nota. Il piano coinvolge il 6% del personale attualmente in forza al Gruppo a livello globale (50 mila persone, in sette Paesi).
Nel corso dei prossimi settantacinque giorni, in base alle previsioni della normativa in materia, la società si confronterà con le organizzazioni sindacali per esaminare l’impatto sociale ed occupazionale della procedura.
L’azienda alla base della dichiarazione di esubero, spiega Giuseppe Tummina della Uilcom, “ha illustrato i numeri relativi al “margine diretto di produzione” (ricavi meno il costo del lavoro), rapporto che per Palermo certifica un dato del 9,6% a fronte di un obiettivo minimo utile a tenere in equilibrio costi e ricavi pari almeno al 21%. Secondo l’azienda, questi sono gli effetti dei processi di delocalizzazione delle gare al massimo ribasso e delle assenze di regole utili al settore dell’outsourcing nelle Tlc.
“Gli effetti e la somma di responsabilità plurime – dice Tumminia – consegnano un risultato devastante per migliaia di famiglie. Va ricercata una soluzione alla vertenza riconducendo il tavolo Almaviva dentro gli impegni che il governo nazionale ha annunciato nell’incontro al Mise del 9 marzo.
“L’azienda deve utilizzare gli ammortizzatori sociali pari a 61 milioni di euro – spiega il sindacalista – messi a disposizione dal governo, uscendo dal tatticismo. E’ chiaro che se le posizioni intransigenti di Almaviva che non vuole trovare nessuna soluzione dovessero consolidarsi, è opportuno che passi la mano a qualche imprenditore disposto a garantire la continuità occupazionale su Palermo”, che subisce 1.670 licenziamenti. “Non è pensabile – osserva Tumminia – che si mettano per strada migliaia di persone al solo fine di rincorrere qualche risparmio sui grassi bilanci delle committenze pubbliche e private nel settore del call center in outsourcing: Telecom, Wind, Vodafone, Enel, Alitalia, Poste Italiane, Sky, chiamate in solido a rientrare il lavoro dai paesi dell’Est europeo”.
Per la Slc Cgil, il risultato dei tagli Almaviva “è una situazione insostenibile per le tre città coinvolte, che già vivono una situazione occupazionale difficile e che oggi si trovano a dover affrontare la vertenza più complicata con migliaia di licenziamenti che coinvolgono molte donne in una fascia d’età ricompresa tra i 35 e i 50 anni.”
“Il Governo ha avviato nei giorni scorsi una serie di iniziative per dare le risposte che il settore chiede da anni – prosegue la nota. Rispetto delle leggi esistenti e contrasto all’illegalità crescente, che sempre più caratterizza l’attività di call center, sono le parole chiave per impedire tali situazioni. Se gli impegni assunti dovessero essere sostenuti dai fatti, si creerebbero le condizioni per rilanciare un settore importante e guidarlo verso la concreta trasformazione verso una dimensione industriale, attraverso l’innovazione tecnologica ed una maggior attenzione alla qualità del servizio ai clienti, ponendo fine alla barbarie con cui è stato gestito nell’ultimo periodo.”
“Per ottenere questo risultato è necessario che tutti gli attori protagonisti di questa durissima vertenza si assumano le proprie responsabilità – continua il sindacato – Dalla committenza che vede coinvolte tutte le più grandi imprese del Paese, che non possono continuare a sostenere di voler contribuire al rilancio dell’occupazione e, invece, essere la principale causa di quanto accade. Il Governo deve proporre un patto di sistema: anche le istituzioni hanno la loro fetta di responsabilità. Un patto tra committenza, oltre il 70%% delle attività è generato dalle dieci più grandi imprese di servizi del Paese, imprese fornitrici del servizio e parti sociali che consenta di scongiurare le migliaia di licenziamenti e trasformare il settore da una logica di costo a un’opportunità di business, esattamente come avvenuto negli Stati Uniti o in Francia.”
Per Vito Vitale segretario generale della Fistel “la decisione di Almaviva apre una gravissimo dramma sociale in realtà fortemente compromesse dalla crisi economica degli ultimi anni e che soffrono di una endemica crisi occupazionale”.
I licenziamenti non possono essere assolutamente assorbiti dal tessuto industriale e produttivo del Lazio, Campania e Sicilia, quindi per Vitale, l’intervento del governo è indispensabile per ricercare con il sindacato soluzioni adeguate per evitare i
“Il mancato rispetto della legge sulle delocalizzazioni (art.24 bis legge Fornero), modifica degli ammortizzatori sociali per le aziende contact center e gare al massimo ribasso, erano inconfondibili campanelli di allarme della crisi di settore che la Fistel, insieme alle altre organizzazioni sindacali ha da tempo denunciato e portato all’attenzione del Governo, purtroppo con esito negativo – spiega iol sindacalista – La crisi di Almaviva insieme a quella di Gepin è l’inizio del crollo del settore, per questo, l’intervento del governo e del Presidente del Consiglio, è urgente e non rinviabile, per evitare che con la scadenza di molte commesse, anche pubbliche, e la delocalizzazione selvaggia, entro fine anno si conteranno circa 10000 licenziamenti”.
“Dai territori interessati ci giungono preoccupazione per la tenuta dell’ordine pubblico e come sindacato abbiamo il dovere di chiedere l’intervento delle massime autorità istituzionale per condurre a soluzione un gravissimo dramma occupazionale e sociale – conclude Vitale – Nelle prossime ore chiederemo ufficialmente l’intervento del governo e un tavolo di crisi a Palazzo Chigi”.
“I numeri sono impressionanti – evidenzia Stefano Conti Segretario Generale Ugl Telecomunicazioni – e confermano purtroppo quello che andiamo sostenendo da tempo, ossia che nel settore telecomunicazioni siamo di fonte ad una bomba sociale pronta ad esplodere. Il fenomeno della delocalizzazione delle attività all’estero, anche verso paesi extra Ue, il criterio delle gare al massimo ribasso che coinvolge numerosi soggetti pubblici, l’assenza di regole certe che hanno determinato di fatto una situazione di dumping tra le aziende a discapito dei lavoratori sono i fattori che hanno determinato questa situazione. Non da ultima anche l’evidente responsabilità di Almaviva Contact nella gestione aziendale di questi anni”.