IL DECRETO

Trasparenza PA, è illegittimo il silenzio-diniego?

In vista del parere delle Camera al decreto Madia, l’associazione Riparte il Futuro rilancia sulle criticità: “Poche informazioni al cittadino su un eventuale respingimento della richiesta di accesso ai dati. Il Parlamento intervenga”

Pubblicato il 31 Mar 2016

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La battaglia per una trasparenza totale della pubblica amministrazione entra nel vivo. Mentre la petizione di Riparte il futuro, che chiede una profonda revisione del decreto legislativo sul Freedom of Information Act, ha superato le 75.000 firme, in Parlamento iniziano oggi le audizioni da parte delle commissioni Affari costituzionali in seduta congiunta. In questa occasione Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac), entrerà nel merito del decreto approvato in via preliminare dal governo il 20 gennaio scorso, mentre il 7 aprile saranno audite anche Riparte il futuro e altre associazioni che hanno dato vita alla rete Foia4Italy.

Anac, che si era già espressa sul Freedom of Information Act attraverso un parere, aveva evidenziato in quella sede le lacune del provvedimento approvato dal governo: le eccezioni, cioè le materie sulle quali non sarà possibile accedere agli atti detenuti dalla pubblica amministrazione, sono formulate con poca chiarezza e non ne viene adeguatamente circoscritto il campo. Ciò vale ad esempio “per il limite legato a “interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica”, che prefigura la non operatività del nuovo diritto a conoscere a fronte di questioni di rilevante interesse economico”.

Le critiche mosse a suo tempo da Anac sui costi e sull’unica possibilità di ricorso al Tar sono pienamente condivise da Riparte il Futuro che il prossimo il 7 aprile che chiederà con forza alle Camere, chiamate a esprimere un parere sul decreto del governo, di far modificare profondamente il testo.

In particolare – secondo Riparte il Futuro – l’attuale decreto ha il limite di non semplificare la normativa in materia di accesso ai dati della pubblica amministrazione: crea sovrapposizioni e ambiguità con le tipologie di accesso già esistenti, pone seri rischi di interpretazione e di eccessiva discrezionalità da parte del pubblico.

In generale il provvedimento, anziché porre al centro le esigenze del cittadino sembra scritto apposta per non mutare le abitudini della pubblica amministrazione, che non è tenuta a collaborare con il richiedente aiutandolo a trovare i documenti ricercati e che non ha l’obbligo di rispondere in caso di mancato accesso agli atti. Si tratta del cosiddetto “silenzio-diniego”, che Riparte il futuro giudica illegittimo perché non mette nelle condizioni il cittadino di sapere per quale ragione gli è stato negato l’accesso e che nel testo del governo si accompagna di pari passo alle troppe (e troppo ampie) eccezioni sollevate. Come già sottolineato da Anac – dice l’associazione – è necessario specificare maggiormente e restringere i casi in cui per la pubblica amministrazione è possibile considerare illegittima la richiesta di accesso.

“Ulteriori modifiche significative andrebbero introdotte anche nella parte dedicata alla possibilità per il cittadino di ricorrere a rimedi giudiziari, che devono essere rapidi (rito abbreviato) e poco onerosi (esenzione contributo unificato) – spiega una niota dell’associazione – Sarebbe opportuno inoltre introdurre un rimedio stragiudiziale in caso di accesso negato (come ad esempio il ricorso ad Anac) e soprattutto ­adeguate sanzioni in caso di accesso illegittimamente negato (come pure aveva già richiesto il Parlamento).

Ultimo, ma non per importanza, il tema dei costi: così come già posto in attenta osservazione da Anac, per Riparte il futuro è essenziale che l’accesso ai documenti informatici debba sempre essere gratuito, fatto salvo il rimborso di eventuali costi eccezionali (che l’ente dovrà di volta in volta motivare adeguatamente).

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