Sono tre gli ingredienti della ricetta che secondo i Business angel potrebbe consentire il decollo della quarta rivoluzione industriale in Italia: oltre al riconoscimento giuridico del business angel, misura che potrebbe contribuire a far avvicinare a queste realtà imprenditori, ex imprenditori e manager, gli altri due punti sono la creazione di una connessione stabile tra il mondo delle Pmi e il sistema delle startup dell’innovazione, e incentivare gli investimenti, fino a creare un mercato secondario che coinvolge società e fondi di investimento più grandi. A illustrare l’idea alla commissione Attività produttive della Camera dei deputati, durante l’audizione dell’indagine conoscitiva su Industria 4.0, è Paolo Anselmo, presidente dell’associazione Iban, Italina business angel network: “L’obiettivo – afferma – è di semplificare e agevolare le nuove iniziative imprenditoriali, rendendo ancora più solido il settore delle start-up ad oggi ancora troppo distante dagli standard europei e non solo”.
“Senza un dialogo più proficuo tra startup portatrici di innovazione e Pmi – sottolinea Anselmo – rimarremo indietro rispetto al resto del mondo e non riusciremo a cogliere l’opportunità di cambiamento e crescita che la cosiddetta Quarta rivoluzione industriale può portare. Tutto ciò rischia di relegarci ad essere dei gregari sul palcoscenico internazionale. E’ giunta l’ora di ambire a creare quella che noi amiamo definire una via italiana delle start-up. Bisognerebbe per esempio creare e incentivare un mercato delle start-up a cui le Pmi possano rivolgersi per esternalizzare servizi e Ricerca & Sviluppo. Questo genererebbe sicuramente sinergie virtuose per l’economia del paese tutto e stimolerebbe gli investimenti direttamente, creando strategie ad hoc di venture capital aziendale”.
“Se vogliamo raggiungere rapidamente dei risultati degni di nota bisognerà inoltre stabilire che lo Stato e le sue partecipate siano i primi soggetti a farsi carco di questa rivoluzione, diventando essi stessi i primi committenti delle start-up, in modo da avviare quella che potremmo definire una grande fase di Open Innovation a matrice pubblica – conclude Anselmo – Solo le imprese di una certa dimensione, infatti, possono sfruttare le economie di scala e quindi investire in fattori abilitanti quali innovazione e organizzazione aziendale. A ciò va unito un sistema di informazione costante e dei meccanismi incentivanti che consentano alle Pmi di poter investire nelle start-up, in modo da stimolare l’altra fase fondamentale di questo meccanismo, ovvero l’open innovation privata”.