OPEN DATA

Censimento continuo: più dati a costi minori

Un efficace acceleratore per l’utilizzo degli open data. Il lavoro dell’Istat per avviare la trasformazione. La rubrica di Mario Dal Co

Pubblicato il 08 Apr 2016

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Enrico Giovannini, presidente dell’Istat dal 2009 al 2013 quando divenne Ministro del lavoro del governo Letta, aveva avviato lo studio del censimento continuo. Di che cosa si tratta? Del progetto di non limitare la rilevazione della popolazione, delle attività produttive e degli immobili, alle cadenze decennali, ma di costruire un sistema continuo di rilevazione, basato sui dati amministrativi e non solo.

Il censimento continuo era indicato nel decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179 e l’ISTAT ci ha lavorato da subito. Vi sono ragioni molto forti che militano a favore di questa trasformazione: l’abbondanza dei dati in forma digitale posseduti dalle amministrazioni, la possibilità di rendere coerenti i dati di diversa fonte con opportune elaborazioni semantiche, il costo crescente della rilevazione porta a porta e di quella on line con i questionari, l’ampiezza dell’intervallo censuario in un mondo in rapida trasformazione, l’esigenza di conoscere dati che le rilevazioni dell’universo con questionario non riescono a cogliere, come quelli sull’immigrazione, sulle sue caratteristiche, sulle sue aspettative.

Negli Stati Uniti il Bureau of Census ha calcolato che il costo di rilevazione di una unità immobiliare è aumentato, in dollari 2010, da 14$ del 1970 a 80$ del 2010 e prevede che salirà a 151$ nel 2020 (+1000%) (http://fcsm.sites.usa.gov/files/2014/05/Chapin_2012FCSM_III-A.pdf.) Il lavoro avviato da Giovannini va potenziato e accelerato proprio per i motivi sopra ricordati: il censimento continuo comunque consentirà di risparmiarne e di avere data assai più utili e significativi di quelli tradizionali. Il censimento continuo può dare impulso alle analisi dei grandi data base, uscendo dalla retorica sugli open data: infatti, l’idea che i dati possano parlare da soli, senza una elaborazione che non è solo tecnologia, ma conoscenza delle caratteristiche delle rilevazioni originali è un’idea ingenua e pericolosa. Sono finiti i tempi in cui Thomas Jefferson, allora segretario di stato, riceveva le 56 pagine del primo censimento americano: “Sappiamo che nei fatti le omissioni sono state molto ampie” scriveva al suo capo, Giorgio Washington, perché non si erano raggiunti i 4 milioni di adulti (sopra i 16 anni), nonostante fossero stati contati anche gli schiavi, con un afroamericano che valeva 3/5 di un bianco.

(https://books.google.it/books?hl=it&lr=&id=B9d97RBPyJIC&oi=fnd&pg=PT8&dq=census+obsolescence++immigration&ots=EywLTWe4gn&sig=XoO1-DFIXfRt39f-cXPABL3N1hU#v=onepage&q&f=true) .

Il Bureau sta lavorando sul censimento 2020 per avviare il censimento continuo. Significa lavorare sui dati amministrativi, pulirli, integrarli, conoscerne natura e significato. Ma è un lavoro utilissimo, non solo per realizzare il censimento, ma anche per fornire le basi degli open data, che altrimenti si rivelano risorse tutt’altro che poco costose. Infatti, i dati amministrativi richiedono una quantità di lavoro molto consistente, il cui costo, se ripetuto da ciascun utilizzatore, è un onere pressochè insostenibile. Il censimento continuo è un buon investimento in sè ed è un acceleratore efficace dell’utilizzo degli open data.

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