L’edilizia entra a piccoli passi nell’era digitale. Il nuovo codice appalti che il Governo ha varato lo scorso 3 marzo apre la strada all’introduzione progressiva del BIM, il Building Information Modeling, ovvero la piattaforma di progettazione digitale che consente di condividere i dati tra tutti gli attori del processo, anticipando gli effetti del progetto in cantiere e riducendo gli imprevisti spesso alla base della lievitazione dei costi. Il decreto legislativo deve recepire la legge delega varata dal Parlamento lo scorso gennaio e alcune direttive comunitarie, tra cui la 2014/24/Ue che ha introdotto indicazioni per incoraggiare l’adozione del BIM in edilizia, senza fissare comunque un termine temporale obbligatorio, ma lasciando libertà di movimento agli stati membri che stanno accompagnando l’approdo al BIM in modo diverso (si veda anche l’altro articolo in pagina).
Anche in Italia il dibattito si è acceso su questo punto tanto che l’obbligo del BIM, comparso nelle prime bozze del provvedimento, è diventato – nella versione approvata da Palazzo Chigi – una “possibilità”. A partire da sei mesi dall’entrata in vigore del decreto (18 aprile) le stazioni appaltanti pubbliche potranno richiedere l’uso del BIM per le nuove opere e per i servizi sopra la soglia comunitaria. Le piattaforme da utilizzare dovranno essere aperte, per non limitare il mercato. Un decreto del ministero delle Infrastrutture e Trasporti dovrà individuare le pratiche e i sistemi di monitoraggio per rendere obbligatorio lo strumento, con una tempistica graduale, valutata anche in relazione agli importi e alla tipologia delle opere e dei servizi da affidare.
La data del 18 aprile per l’entrata in vigore del nuovo regolamento è dettata dalla scadenza della delega e del termine per il recepimento delle direttive comunitarie e costringerà a una corsa contro il tempo visto che il provvedimento dovrà passare al Consiglio di Stato e avere il parere delle Commissioni competenti di Camera e Senato.
“Nel nuovo codice appalti – ha detto il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, intervenendo al convegno “La transizione digitale in Europa per il settore delle costruzioni” organizzato dalla Camera dei Deputati con il contributo scientifico di ISTeA (Società scientifica di Scienze, Tecnologie e Ingegneria dell’Architettura) – inseriremo la valutazione progettuale. Le opere pubbliche in Italia si fanno poco e male: il primo problema è la corruzione per questo abbiamo dato un ruolo all’Anac (Autorità Nazionale anticorruzione, ndr). Inoltre occorre rimettere al centro il progetto e per fare questo bisogna dare il maggior spazio possibile alle tecnologie”. Secondo il ministro, il codice appalti dovrà recepire l’introduzione progressiva del BIM, ma prestare attenzione a tutte le altre tecnologie che possono sostenere l’edilizia. “Ci sono molto tecnologie che non stiamo utilizzando – ha aggiunto Delrio – Per esempio i sensori che “avvertono” quando un viadotto sta per crollare, possiamo utilizzare droni al posto degli uomini dell’Anas per controllare i cantieri.
Bisogna essere coraggiosi nell’applicare queste tecnologie abbandonando le vecchie strade”. E proprio contro la pigrizia del mercato si trova a combattere il mondo digitale per entrare nell’edilizia. “In questi anni il mercato non si è autoregolato – spiega Giuseppe Martino Di Giuda, docente del Politecnico di Milano–i privati avrebbero potuto decidere di applicare il BIM, sapendo dalla direttiva comunitaria del 2014 che nel 2016 avremmo dovuto recepirla, ma non lo hanno fatto. Anzi molti soggetti hanno richiesto una proroga. Ora il termine di 24 mesi appare congruo per organizzare anche in Italia l’introduzione del Bim, che non è semplicemente un software, ma un lavoro meticoloso e preciso di project management”. . “Da noi manca una visione strategica – continua Di Giuda – e di sistema che abbiamo visto applicata in altri Stati europei. Ecco perché occorre un “soft landing” verso l’obbligatorietà del BIM”.
Una fase di passaggio durante la quale predisporre una strategia nazionale con una Commissione sul BIM, seguendo il modello di Germania e Spagna, sotto la regia del Governo con gruppi di lavoro ampiamente partecipati da tutti i soggetti coinvolti.
La proposta arriva da Stefano Della Torre, presidente di buildingSMARTItaly e direttore del Dipartimento ABC del Politecnico di Milano, che da circa 10 anni si occupa della diffusione del BIM, seguendo anche la definizione della norma UNI. “In Italia ci sono una serie di punti di forza e di debolezza – ammette Della Torre – Ci sono alcuni attori già attrezzati, la sensibilità verso il tema sta crescendo, sono molte le iniziative di formazione, ma d’altra parte dobbiamo registrare gravi carenze come l’incoerenza di molte iniziative, l’assenza della pubblica amministrazione e la scarsa propensione alla collaborazione.
Chiediamo al Governo, quindi, di prevedere una regia per il processo già in atto”. La Commissione potrebbe avere diversi compiti, tra cui sostenere le sperimentazioni, l’innovazione nella pubblica amministrazione, la formazione e la definizione degli standard e delle tecnologie. Insomma un piano che porterebbe dritti dritti al 2020 per l’utilizzo obbligatori per gli appalti pubblici superiori alla soglia comunitaria. Una proposta, quella dell’ “accompagnamento” istituzionale per la transizione digitale dell’edilizia che è stata accolta anche dal Parlamento. “Porterò a Palazzo Chigi – ha detto Paolo Coppola (PD), consigliere politico per l’Agenda digitale – la proposta della Commissione per la diffusione del BIM. Interesserò i ministri Delrio e Guidi affinché anche nel nostro Paese si cominci a lavorare ad una strategia nazionale per il digitale in edilizia”.