TELEVISIONE

La nuova Rai, primo passo verso la “Digital media company”

Due gli obiettivi del piano industriale 2016-2018 approvato dal Cda: produzione di contenuti originali e trasformazione digitale. Il dg Campo Dall’Orto: “Necessario un profondo rinnovamento editoriale”. Critico Anzaldi (Pd): “Non c’è la svolta attesa”

Pubblicato il 21 Apr 2016

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“Sarà necessario un profondo rinnovamento editoriale che consenta all’azienda di sviluppare una vocazione sempre più universale e mantenere la leadership di ascolti nel nuovo contesto digitale multipiattaforma”. Così Antonio Campo Dall’Orto, direttore generale della Rai, spiega il senso degli obiettivi strategici del piano industriale 2016-2018 della Rai, approvato ieri all’unanimità dal consiglio di amministrazione della Tv di Stato.

Due le direttrici di sviluppo fissate dal piano per centrare l’obiettivo: da una parte dare centralità alla generazione dei contenuti, e dall’altra completare la trasformazione da broadcaster tradizionale a digital media company.

Per centrare il primo la “ricetta” è, spiega l’azienda in una nota, sviluppare un’offerta editoriale di qualità, rafforzando le caratteristiche di servizio pubblico della Rai anche attraverso la revisione del mix dei generi e dei linguaggi. Per la trasofmrazione in digital media company, invece, sarà necessario rivedere “il modello ideativo e distributivo, sviluppare un’offerta digitale distintiva e personalizzabile attraverso investimenti tecnologici”, con “nuovi modelli produttivi e professionali adeguati al ruolo di Servizio pubblico leader degli ascolti televisivi”. Sei le parole chiave che porteranno alla trasformazione dell’azienda: universalità, indipendenza, pluralismo, responsabilità, innovazione, eccellenza.

Per quanto riguarda l’offerta editoriale dei canali ognuno verrà declinato secondo la sua missione specifica. Il Piano industriale attribuisce grande importanza alla Fiction, genere in cui Rai conserva una leadership indiscussa di ascolti, produzione e qualità, che dovrà sempre di più trasformarsi in terreno di dialogo intergenerazionale con un’evoluzione in senso contemporaneo e internazionale. Anche per il cinema il Piano ribadisce la posizione di leadership della Rai nella produzione domestica e di soggetto determinante a sostegno di un settore industriale strategico per il Paese.

Sul fronte tecnologico sono previste – prosegue la nota – numerose innovazioni come il passaggio alla produzione in qualità full Hd, la sperimentazione del 4k e il lancio di un canale con contenuti codificati in Hdr (High dimension range), lo sviluppo delle reti IP.

Sul fronte produttivo gli attuali centri di produzione verranno valorizzati e differenziati nella produzione dei contenuti. Per quanto riguarda l’informazione, il Piano industriale impegna la Rai ad articolare e diversificare il linguaggio del racconto giornalistico e a sviluppare formati innovativi multipiattaforma in modo tale da svolgere al meglio il ruolo di Servizio pubblico universale e garantire un’informazione plurale. Per raggiungere questo obiettivo il Direttore editoriale Carlo Verdelli ha presentato al Direttore generale e al Cda la proposta di squadra che lo coadiuverà nell’attività di coordinamento dell’offerta informativa: Francesco Merlo, Pino Corrias e Diego Antonelli. A loro si aggiungono 4 giornalisti Rai selezionati attraverso il job posting: Frediana Biasutti, Cristina Bolzani, Paola D’Angelo e Valentina Dellorusso.

Il consiglio di amministrazione della Rai ha infine preso atto della designazione di Raffaele Agrusti, Cfo della Rai, alla presidenza di RaiWay: proposta che verrà sottoposta all’approvazione dell’assemblea.

Critico sul contenuto del piano industriale è Michele Anzaldi, parlamentare del Pd e segretario della commissione di vigilanza sulla Rai: “E’ un contenitore vuoto – spiega in un’intervista ad Avvenire – . Non c’è la svolta che il Paese si aspetta, non c’è un progetto chiaro, dettagliato. Sono otto mesi che a viale Mazzini tutto è immobile. Una tv pubblica così allo sbando non si era mai vista e non credo che
possa bastare la nuova squadra di Verdelli a fare il miracolo”. “Il continuo ricorso a professionisti esterni non mi convince – conclude Anzaldi – A questo punto i dirigenti esterni assunti dai nuovi vertici fino a oggi sarebbero 21, ma il regolamento impone che non superino il 5 per cento dei dirigenti interni, che sono 267. Quindi la Rai non dovrebbe avere più di 13-14 dirigenti esterni. Ora vogliamo subito i vertici dell’azienda in Vigilanza per avere immediate risposte anche su questo”.

“Senza progetti quello che resta è l’occupazione di posti e poltrone – commentano in una nota congiunta Slc Cgil, Uilcom Uil, Ugl telecomunicazioni, Snater, Libersind-ConfSal e Usigrai – In questo momento il vertice Rai arrivato con annunci di grandi riforme, si mostra fermo al ‘900: controllo del potere, piazzando perlopiù amici nei luoghi chiave. Questo si realizza in un momento in cui si certifica un bilancio in rosso e in cui l’incertezza sul canone non dà nessuna garanzia di risorse per il futuro – prosegue il comunicato – Se questa è l’idea di Rai che il vertice ha, capiamo perché non sono funzionali gli interni: ovvero i lavoratori che credono al Servizio Pubblico e in questi anni hanno assicurato alla Rai di essere azienda leader. La prossima settimana tutte le sigle sindacali dei lavoratori Rai si incontreranno per valutare azioni comuni”.

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