L’Italia è in ottava posizione su scala mondiale tra paesi in cui il cloud è più utilizzato. Inoltre compie significativi passi in avanti anche nel campo della tutela del copyright grazie a una normativa nazionale che offre “valide protezioni giuridiche dal cybercrime anche alle applicazioni e-commerce e cloud”. E’ la fotografia scattata dalla Bsa, Business software alliance, nell’ultima edizione del suo report sulla diffusione del cloud computing nel mondo.
L’associazione internazionale dei produttori di software ha certificato che l’Italia ha scalato due posizioni rispetto all’ultima rilevazione, avvenuta nel 2013.
“E’ incoraggiante vedere che l’Italia ha guadagnato due posizioni rispetto al 2013, rafforzando il proprio impegno verso politiche favorevoli all’innovazione nel cloud – afferma Victoria Espinel, presidente e Ceo di Bsa – Ormai tutte le nazioni devono riconoscere che le proprie politiche hanno un impatto sul marketplace globale del cloud, per cui questa ricerca intende essere anche una chiamata alla collaborazione fra i Governi nazionali, affinché i rispettivi sistemi economici possano avvantaggiarsi dei benefici offerti dal cloud“.
Bsa stila la classifica in base ai risultati economici ottenuti nei singoli Paesi ma anche alla protezione messa in campo per i dati. La peculiarità del cloud computing è quella di offrire a chiunque – da un Governo a una piccola impresa, da una startup al singolo consumatore – l’accesso a servizi che aprono la porta a potenzialità di connessione, produttività e competitività.
I risultati dell’edizione 2016 dello studio Bsa evidenziano che quasi tutte le nazioni analizzate hanno assistito a solidi avanzamenti. La “top five” della classifica delle nazioni più “cloud-virtuose” comprende Giappone, Stati Uniti, Germania, Canada e Francia, ma la nazione che ha realizzato l’avanzamento più forte in termini relativi è il Sudafrica, salito di sei posizioni dal 2013. In fondo alla classifica Brasile, Thailandia e Vietnam.