“Il consorzio Netcomm vede con favore iniziative come quella del voucher alle Pmi per l’internazionalizzazione, voluta dal Ministero dello Sviluppo economico. Una misura volta a introdurre un contributo a fondo perduto che sia di sostegno economico per la copertura di servizi erogati dalle imprese che intendono guardare ai mercati oltreconfine, favorendo l’inserimento aziendale per almeno 6 mesi di una figura specializzata, il cosiddetto ‘temporary export manager, capace di studiare, progettare e gestire i processi e i programmi sui mercati esteri. Ma chi opera nel commercio elettronico sa che, per un vero sviluppo e per la crescita dell’export, questo non basta: bisogna introdurre misure similari per lo sviluppo dell’ambiente digitale e in particolare dell’export digitale”. Lo afferma Roberto Liscia (nella foto), presidente di Netcomm, durante l’evento “eCommerce, internazionalizzazione del Made in Italy e norme non all’altezza” promosso dal Consorzio che si è tenuto alla camera dei Deputati.
“Si dovrebbe estendere il programma di sostegno economico in questo senso – prosegue Liscia – ampliando il raggio di operatività del bando al fine di offrire un supporto concreto per trasformare i processi e i contenuti dell’attività commerciale, per ricevere consulenza e per sviluppare adeguatamente la multicanalità. Le Pmi hanno bisogno di investire nel digitale per competere con il mercato, e chi si occupa di Made in Italy, allo stesso tempo, sa quanto il digitale sia ormai essenziale all’export. La politica deve farsi carico di queste necessità e deve lavorare sulla promozione del prodotto italiano, sulle stesse aziende italiane, per incentivare la loro crescita”.
“L’e-commerce rappresenta una grande opportunità per la vendita del prodotto italiano all’estero – prosegue Liscia – Il commercio elettronico italiano rappresenta non più del 4% delle vendite italiane, e le imprese che vendono online in Italia sono solo 40.000 in un contesto europeo di oltre 750.000 imprese attive sul digitale. Stiamo, finalmente, assistendo a un forte interesse delle imprese, in particolare del Made in Italy e della grande distribuzione, che si sono rese conto delle enormi opportunità che il digitale può offrire in un momento in cui i fattori recessivi stanno mettendo in discussione i modelli di business e di vendita tradizionali. Tuttavia, il commercio online del Made in Italy ha oggi difficoltà di crescita oltre confine. Il legislatore deve aprirsi a soluzioni anche importanti che portino al superamento degli ostacoli: la semplificazione normativa è una strada da percorrere, insieme alla redazione di accordi bilaterali con i paesi esteri e alla promozione della cultura in un contesto che favorisca l’inserimento di giovani studenti nelle realtà aziendali, sviluppando competenze utili all’export digitale”.
Tra i suggerimenti alle istituzioni italiane di Netcomm c’è quello di lavorare a livello europeo, collaborando con la Commissione, che è impegnata nella revisione delle direttive che dettano la disciplina delle vendite a distanza e del commercio elettronico. Sul sul fronte nazionale, il consorzio propone di rivedere la normativa che incide sull’e-commerce, che ha origine negli anni Novanta: “Avrebbe senso – si legge in una nota di Netcomm – la revisione della normativa fiscale in tema di accise per l’esportazione del vino, della procedura per l’iscrizione nel Vies (Vat Information Exchange System), e la revisione della regolamentazione del Codice del Consumo (come l’art. 51) laddove, per scelta italiana, le imprese si trovano a dover fronteggiare oneri informativi e di raccolta del consenso del consumatore poco adatti alla prassi dinamica delle vendite a distanza”.