“L’aumento della connettività e dell’utilizzo del digitale migliora in modo decisivo le condizioni di vita. Il mercato da solo non è sufficiente a compensare squilibri mondiali consistenti e per la governance di Internet serve un approccio multi-stakeholder, che coinvolga non solo i governi, ma anche i privati, le associazioni, il mondo accademico”. Il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli fa il punto con CorCom sul dibattito andato in scena in Giappone in occasione del G7 Ict, un evento importante non solo perché dopo 21 anni di “buio” – era il 1995 quando per la prima volta le principali sette economie mondiali davano vita ad un meeting internazionale sull’Ict – si sono accesi nuovamente i riflettori sull’innovazione, ma ancor di più perché il digitale è divenuto oramai una questione politica e geopolitica. “Mi sono congratulato con il governo giapponese che ha avuto la lungimiranza di compiere questa scelta”, sottolinea Giacomelli. “In realtà è abbastanza sorprendente che su temi tanto centrali e cruciali come Internet e il digitale il G7 non avesse pensato prima a un appuntamento come questo”.
Giacomelli, qual è il bilancio di questa “rinnovata” edizione?
L’esito finale, con la firma della Dichiarazione congiunta e soprattutto della Carta per un mondo digitalmente connesso, mi sembra positivo: i sette grandi hanno concordato sulla necessità di restringere la forbice tra paesi ricchi e connessi a Internet e paesi poveri e non connessi. È passato il principio che oggi Internet vada considerato un diritto primario e nella Carta è scritto che ci si propone di connettere alla banda larga entro il 2020 un miliardo e mezzo di persone in più. Siamo tutti convinti che l’aumento della connettività e dell’utilizzo del digitale migliori in modo decisivo le condizioni di vita.
Quali sono le questioni politiche che ruotano attorno all’Ict?
Il mercato da solo non è sufficiente a compensare squilibri mondiali così consistenti. Oggi quattro miliardi di persone non sono collegate a Internet: dove non esiste domanda gli operatori privati non possono essere costretti a investire. Inoltre, serve che i paesi che condividono una certa idea dei diritti umani e della Rete come spazio di libertà e opportunità concordino una politica comune. Per esempio, nel documento finale si ricorda che sulla governance di Internet si condivide l’approccio multi-stakeholder, che coinvolga non solo i governi ma anche i privati, le associazioni, il mondo accademico.
L’Italia non è fra i Paesi in cima alle classifiche Ict mondiali: questo ci penalizza ai tavoli internazionali dedicati al digitale? Qual è la percezione del nostro Paese a livello di G7 Ict?
In Giappone non abbiamo nascosto il nostro ritardo sul digitale, ma non mi sembra che questo influisca sui nostri rapporti con i nostri partner europei o con gli Stati Uniti. Anzi, posso dire che negli incontri bilaterali che ho avuto a margine del G7 con Giappone e Stati Uniti ho registrato sintonie importanti su molti punti, per esempio sulla cybersecurity che non può fermarsi ai confini nazionali e sulla privacy: ho difeso l’importanza di un accordo sulla gestione dei dati personali tra le due sponde dell’Atlantico, da estendere anche al Giappone.
La prossima edizione del G7 Ict ci vedrà come padroni di casa: ci sono progetti a cui si sta già pensando per l’occasione?
Tutti i partner hanno apprezzato la decisione dell’Italia di dare un seguito operativo e concreto all’accordo raggiunto in Giappone sulla connettività globale. Credo che replicheremo anche l’esperienza della conferenza multi-stakeholder alla quale per l’Italia ha partecipato Enel. Inoltre, ho anticipato che consideriamo un progetto strategico la digitalizzazione del patrimonio artistico-culturale mondiale, a partire dai siti Unesco, da mettere a disposizione di tutti. Credo che anche in questo ambito il coinvolgimento dei privati, a partire da Google, sia fondamentale.
I DOCUMENTI APPROVATI IN GIAPPONE
Carta per un mondo digitalmente connesso
Dichiarazione congiunta