DATI

Backup, agli italiani piace su cloud

Ricerca Kroll Ontrack: il Paese recupera il ritardo sull’archiviazione dati. Cresce la fiducia nella nuvola come sistema di archiviazione

Pubblicato il 02 Mag 2016

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Un popolo di poeti, di navigatori e di gente che vuol giocare sul sicuro. Nella fattispecie, fare backup. Forse l’attitudine al rischio nel nostro paese è scomparsa troppo rapidamente (e questo dovrebbe essere oggetto di altre analisi) ma il dato che emerge dal rapporto annuale di Kroll Ontrack, azienda specializzata in recupero dati, è quello di un’Italia sempre più attenta alla conservazione dei propri dati, sia con sistemi di archiviazione locale che online, nel cloud.

L’analisi del data recovery è stata fatta da Kroll Ontrack sui principali paesi tecnologici al mondo: Italia certamente, ma anche Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti. Da questi dati emerge che in Italia cresce la fiducia nel cloud come sistema di backup per salvaguardare i dati di imprese e consumatori. «Nel nostro Paese – dicono gli esperti di Kroll Ontrack – la diffusione dell’archiviazione su cloud passa dall’attuale 12,1% al 20,72%. Il valore riporta le intenzioni espresse da chi ha dovuto affrontare problematiche di data recovery e mostra una visione positiva della Rete come luogo “sicuro” per conservare dati».

In generale, la tendenza è alla crescita dell’attenzione per il backup. E la predisposizione a farlo in futuro. Questa sta crescendo più in Italia che non in altri paesi. Anche perché partiamo da un certo ritardo: le pratiche di backup (archiviazione e reinstallazione verificata dei dati, altrimenti non è un vero backup) non sono eccessivamente diffuse. Anzi: tra i paesi i cui cittadini e imprese hanno perso dati in un incidente informatico (crash dischi, virus etc), l’Italia è quello che ha la percentuale maggiore di perdite senza backup: quasi il 50% contro il 22% della Germania il 20% degli usa, il 25% della Gran Bretagna e il 34% scarso della Francia. Solo il 19,8% dei nostri aveva un backup (non aggiornato) o il 15% un backup parziale. Addirittura, il 16,9% non aveva un backup funzionante, nonostante lo avesse previsto e implementato parzialmente.

In Italia l’ostacolo maggiore all’implementazione del backup è il tempo, rispetto al costo per la Germania. Gli Usa e Regno Unito sono come noi, mentre la Francia è più simile alla Germania. Forse per questo la predisposizione all’adozione del backup in futuro è quello nel cloud: indolore, non richiede spese eccessive, permette di fare business continuity e disaster recovery (parole magiche per gli esperti di sicurezza e i sistemisti) senza dover ribaltare la spesa IT prevista per l’anno.

Purtroppo il backup è come il freno in automobile: non ti serve per andare più veloce ma quando arrivi in curva se non funziona te ne accorgi subito. Gli incidenti accadono e, nonostante l’87%4% delle aziende dica di utilizzare sistemi di backup nel nostro paese, con quasi il 70% che utilizza soluzioni basate su dischi esterni (la meno sicura in assoluto ma è anche la più economica), la predisposizione al miglioramento per ridurre il rischio pare ci sia. Probabilmente aiutata anche dalla compliance, che adesso prevede norme più stringenti per quanto riguarda la gestione dei dati propri e dei propri clienti. E la logica osservazione che ormai è tutto digitale: forse è il caso di fare attenzione e prendersene un po’ più cura.

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