La trattativa per scongiurare i 3000 licenziamenti è ad un punto delicatissimo. Le proposte governative non consentono di raggiungere un accordo che dia ai lavoratori garanzie su un reale percorso di risanamento che non preveda espulsioni dal mondo del lavoro e dia regole chiare per l’azienda e per il settore tutto. Slc, Fistel e Uilcom lanciano l’ennesimo allarme sui tagli di Almaviva.
“Ora è il momento in cui si mettano da parte le ideologie e si rifletta sul merito delle questioni.- dicono i sindacati in una nota – Ma questo deve avvenire in tempi rapidissimi perché non c’è più tempo per risolvere la crisi Almaviva. Fra pochi giorni potrebbero partire le lettere di licenziamento ed allora l’intera vicenda potrebbe subire un’accelerazione dagli esiti del tutto imprevedibili. Il sindacato ha messo sul tavolo una proposta credibile che potrebbe fornire ai lavoratori quella visibilità sul sistema di tutele e quelle garanzie sulla reale volontà di mettere ordine nel settore. La mobilitazione deve continuare con forza e determinazione”.
Nell’incontro di ieri al Mise tra azienda e sindacati, il ministero ha proposto di affrontare i prossimi mesi con un mix di ammortizzatori sociali previsti dal Jobs Act che, complessivamente, potrebbero coprire fino a 36 mesi continuativi. “Si tratta – spiega Voto Vitale della Fistel Cisl – di 6 mesi di contratto di solidarietà in deroga (tipo B), 12 mesi di cassa integrazione finanziata attingendo al fondo speciale per i call center (di 11 milioni di euro), 12 mesi di contratto di solidarietà con il fondo residuale (FIS), 6 mesi di cassa integrazione con il fondo residuale (FIS)”.
Per sindacati si tratta di un percorso non attuabile “perché ogni tipo di ammortizzatore necessita di una diversa organizzazione del lavoro – puntualizza Michele Azzola della Slc Cgil – Organizzazione che difficilmente può essere modificata così spesso senza creare ulteriori danni all’azienda e ai lavoratori”.
“Inoltre il mix di ammortizzatori non opererebbe in continuità automatica – prosegue Azzola – ma sarebbe necessaria l’apertura di una procedura di mobilità da parte dell’azienda alla fine di ogni periodo di ammortizzatore precedente. Infine, ogni ammortizzatore sociale prospettato prevede una diversa ricaduta salariale, con l’evidente conseguenza di dare ancor meno certezze alle lavoratrici e ai lavoratori di Almaviva”.
Per Salvo Ugliarolo (Uilcom Uilc) “la disponibilità del Governo ad affrontare in tempi rapidi la questione delle delocalizzazioni di attività di call center all’estero, come normato dall’art. 24 bis Decreto Sviluppo 2012, e il problema delle gare al massimo ribasso per l’assegnazione degli appalti, rimandando ancora una volta la discussione su questi temi al tavolo generale di settore appare effimera e non coerente con la gravità della situazione in cui versa il settore”
“Forti del voto delle lavoratrici e dei lavoratori che hanno rigettato la proposta di accordo precedente – annunciano i tre sindacalisti – le Segreterie Nazionali hanno chiesto al Governo di modificare il D.lgs. 148/2015 inserendo le attività di call center tra quelle di cui all’art. 20 comma 2, affinché il settore dei call center abbia accesso agli ammortizzatori ordinari previsti per l’industria, che raggiungono un massimo di 36 mesi continuativi. È evidente infatti che, diversamente da quanto chiesto dal Vice Ministro Bellanova, la vertenza Almaviva non potrà concludersi con un accordo che utilizzi gli ammortizzatori sociali esistenti, in quanto inadeguati ed inefficaci a risolvere il problema delle lavoratrici e dei lavoratori di questa azienda. È indispensabile che in questo momento delicatissimo tutte le parti in causa tolgano dal tavolo qualsiasi pregiudiziale ideologica al fine di salvaguardare 3000 posti di lavoro.”
Venerdì 27 maggio alle ore 10, in occasione dello sciopero per l’intero turno di tutte le sedi di Almaviva Contact, è indetta una manifestazione nazionale a Roma in piazza SS. Apostoli.