Frequenze più libere, sotto tutti i punti di vista. Entra in vigore nell’Unione Europea il principio di neutralità tecnologica, sancito da una direttiva europea del 2009: l’effetto sullo spettro di frequenze europei potrebbe essere dirompente e disegnare nuovi scenari di mercato. Il principio di tech neutrality sancito da Bruxelles mira a concedere più libertà agli utilizzatori e a sbloccare nuove forze per cavalcare il boom del traffico dati. Ma gli effetti collaterali potrebbero essere numerosi.
Soprattutto in Italia che, sul tema, potrebbe trovarsi con un grosso rompicapo da sciogliere. Se fino ad oggi in Europa ogni singola banda è stata deputata a uno specifico utilizzo (in Italia, ad esempio, le 700Mhz per la televisione o ancora il trio 800-1800-2600Mhz per la connettività mobile 4G), da domani tutto potrebbe cambiare. Scade infatti oggi, 25 maggio, il termine ultimo concesso dalla direttiva Ue 18/12/2009 per presentare alle autorità competenti una domanda di revisione della destinazione di utilizzo delle frequenze. Significa che, per esempio, un operatore che detiene frequenze 700Mhz destinate alla televisione può chiedere al ministero e all’authority competenti di poter utilizzare quella banda per scopi diversi da quelli per cui è stata acquistata.
Quali operatori hanno fatto la domanda? Per il momento è un giallo la cui risoluzione però potrebbe costare cara all’Italia: ipoteticamente costretta a rinunciare all’asta frequenze per la banda 700Mhz che invece hanno fruttato miliardi a Francia e Germania.
In Italia, la direttiva comunitaria è stata recepita col decreto 70/2012, di cui è bene tenere a mente innanzitutto l’articolo 14-bis, dedicato proprio al riesame delle limitazioni esistenti: “Sino alla data del 25 maggio 2016, il Ministero (Mise) e l’Autorità (Agcom), secondo le rispettive competenze, possono consentire ai titolari di diritti d’uso delle frequenze radio concesse prima del termine di cui all’articolo 14, comma 8 (30 giugno 2012, ndr), e che rimarranno ancora validi fino alla predetta data, di presentare una richiesta di riesame delle limitazioni ai loro diritti”. Ciò significa che l’operatore che abbia ottenuto diritti d’uso per le frequenze radio-televisive entro il 30 giugno 2012, può fare la richiesta di revisione, a prescindere dalla scadenza dei diritti stessi.
Ci sono però altri passaggi nel decreto:
· L’equiparazione dei diritti d’uso radio-tv a tutti gli altri, che rende quindi i primi cedibili e affittabili secondo le stesse regole valide per tutte le altre frequenze;
· Nel caso di ok alla modifica della destinazione d’uso ricevuto da Mise e Agcom, la possibilità di cedere le frequenze a qualsiasi altro operatore autorizzato e non solo a quelli che utilizzano la stessa tecnologia del venditore
Queste due previsioni ammettono dunque un’ipotesi specifica: un broadcaster tv che ottiene una “liberazione” delle sue frequenze non solo potrebbe paradossalmente decidere di diventare una telco, utilizzandole in altro modo, ma potrebbe più verosimilmente venderle o affittarle ad un operatore di tlc e non più solamente ad uno televisivo.
La neutralità tecnologica voluta dall’Europa disegna dunque uno scenario composto da frequenze non solo libere nell’utilizzo, ma libere nell’affitto e soprattutto nella vendita. Un cambiamento che potrebbe inaugurare un vero e proprio via vai di frequenze fra gli operatori televisivi e quelli di tlc, ridisegnando gli equilibri del mercato e le strategie di tutti i player coinvolti, direttamente o indirettamente. Difficile ipotizzare che a Mise ed Agcom siano arrivate poche domande: l’occasione è troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire.