Intervenendo all’ultimo Forrester Research Marketing Forum, tenutosi a fine Aprile a New York, la responsabile marketing di eBay, Suzy Deering, ha avanzato una domanda apparentemente banale: “Non è vero che tutto è digitale?”. La domanda presupponeva, dato il contesto, una risposta positiva; in realtà, la risposta della speaker, e più in generale il messaggio emerso dal Forum, è stata più complessa. Tutto è digitale, tanto che la nostra è ormai un’epoca post-digitale: un’epoca nella quale il marketing deve guardare oltre i dispositivi, oltre le reti, oltre i social network e gli oggetti connessi, per tornare a considerare le persone, con le loro identità e le loro culture.
Questa conclusione vale anche oltre l’ambito del marketing. Il digitale non è principalmente una questione di raccolta e elaborazione e trasmissione dati in formati universali, o quasi: è una questione di cultura, e quindi di linguaggi, di comprensione del mondo e di azione in esso. A definire questi ultimi concorrono le esperienze e le informazioni, diffuse in Rete, almeno quanto quelle diffuse e osservate tramite qualsiasi altro canale, a sua volta contaminato e permeato dalle nuove tecnologie. Se oggi parliamo di “trasformazione digitale”, di “competenze digitali”, di “agenda digitale” è anzitutto perché il digitale ha cessato di essere un tema legato alla dimensione più strumentale della tecnologia, ed è diventato un problema di visione, di progetto, di rappresentazione del presente e del futuro – quindi, ancora una volta, di cultura.
In questo senso, il digitale non è (più) una novità: non ci attendono rivoluzioni o “scombussolamenti” (come suonerebbe in traduzione letterale il termine inglese “disruption”), ma un’assimilazione, una domesticazione che è insieme un superamento, verso una prospettiva più ampia e ariosa. Di questo si discuterà il prossimo 13 giugno in occasione del convegno “Digitale: cambio di cultura” (innovafiducia.com), organizzato dall’Associazione Innovafiducia e dal Dipartimento delle Politiche Europee. Il nostro vivere digitale va ormai ben oltre l’utilizzo di dispositivi mobili, di reti sociali, di videogame, di cloud computing e persino di stampanti 3D: il digitale è ormai uno stato della mente, e quindi un’attitudine alla comprensione, alla produzione, alla relazione, alla scansione del tempo e dello spazio. Digitali, perché umani.
* giornalista e ricercatrice
** Presidente InnovaFiducia e founder Culture